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Blood Ties - La legge del sangue

Regia di Guillaume Canet vedi scheda film

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La recensione su Blood Ties - La legge del sangue

di alan smithee
8 stelle

Guillaume Canet, che appartiene da anni al "clan Dujardin" assieme allo stesso, a Cluzet, Lellouche e Benoit Magimel - una sorta di risposta tutta francese al gruppo attoriale maschile di quarantenni di successo Clooney-Soderbergh (con Damon, Pitt, Casey Afleck ecc.ecc), non mi ha mai particolarmente attratto a livello di recitazione o prestazioni attoriali fornite nella sua già considerevole carriera. Tuttavia in qualità di regista si è fatto apprezzare alcuni anni addietro con il thriller incalzante e molto riuscito "Non dirlo a nessuno", cui ha fatto seguito un meno incisivo "Les petits mouchoirs", decisamente meno interessante, ma decisivo per mantenere in vita il clan di cui sopra. L'avventura americana del Canet-regista, viene seguita da lungo tempo, soprattutto e come è naturale dalla stampa d'Oltralpe, che ha già da mesi dedicato pagine e copertine all'ultima ambiziosa fatica di quest'ultimo: e ha fatto molto bene perché Blood ties è un gran bel thriller sia nella ricostruzione d'ambiente (la New York della lotta alla criminalità della prima metà anni '70), sia nelle movimentate scene d'azione, alternate da sparatorie spietate e omicidi a sangue freddo che catturano l'attenzione dello spettatore, avvinto nella "solita" saga familiare che vede come protagonisti i "soliti" fratelli "Caino & Abele", uniti da un'attaccamento impossibile per gli opposti ruoli che la società e le scelte personali hanno riservato loro.
Sceneggiato abilmente dal regista assieme a quell grande autore di cinema James Gray (sarà stato decisivo per il fortunato incontro tra i due, il fatto che la moglie di Canet, il premio Oscar Marion Cotillard, è pure la protagonista del suo The immigrant?), Blood Ties a raccontarlo così per vie brevi e concise non racchiude in sé nulla di nuovo ed anzi ricorda in modo inquietante la storia col sapore di saga di "I padroni della notte" ma pure un poco "The yards" per questo suo attaccamento al cuore del nucleo familiare come base per partire o ripartire quando si è perso tutto ed è necessario ricominciare. Qui troviamo il bravo poliziotto Frank che va a prendere, assieme alla sorella. il fratello maggiore Chris nel giorno in cui questi viene scarcerato dopo una lunga detenzione per omicidio. Nonostante il primo gli procuri un onesto lavoro da meccanico, le tentazioni per tornare a delinquere da parte di Chris non tardano, certo non scaraggiate da un anziano padre che ha sempre parteggiato, nonostante tutto, per il figlio maggiore delinquente piuttosto che per il minore più saggio.
La spirale che si innesca in occasione di questo ritorno alla vita è cruenta e senza sbocchi, e i due fratelli si muoveranno apparentemente in antagonismo uno contro l'altro, per la difesa delle rispettive nuove donne e per la salvaguardia ognuno dei propri orizzonti di vita. Tuttavia un senso di colpa reciproco che assale i due fratelli farà si che ognuno sacrifichi una parte importante di sé per l'altro, in un crescendo di tensione e ritmo ed inseguimenti mozzafiato che lasciano lo spettatore avvinto e stordito allo stesso tempo. Girato magnificamente con un gran senso del ritmo e dello spazio, il noir benissimo ambientato e fotografato (splendida pure la locandina) ha uno stile visivo che ricorda quasi Michel Mann (più che James Gray) e si avvale di un cast faraonico in cui mi piace citare almeno un ottimo Billy Crudup, finalmente padrone di un ruolo da protagonista (se lo merita davvero dopo tanti e troppi ruoli da comprimario) e un James Caan, padre sofferente e malato terminale, reduce da un'operazione ai reni, che non potrà essere dimenticato nelle nomination come attore non protagonista. Nella versione originale sottotitolata (in francese nel mio caso) si può notare una (ottima, come sempre) Marion Cotillard, ex moglie-puttana di Chris ora nuovamente in pista (ma da tenutaria di bordello, grazie all'ex marito) che si destreggia con un italiano da "italo-americana" molto interessante e riuscito, caratterizzazione che probabilmente si perderà nel nulla se, e quando, il film verrà distribuito da noi, regolarmente e inesorabilmente doppiato a misura di noi pigri italiani, da sempre troppo poco avvezzi alle meraviglie e alla purezza fornita con discrezione ed efficacia dal tanto e troppo temuto sottotitolo.

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