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Non c'è pace tra gli ulivi

Regia di Giuseppe De Santis vedi scheda film

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La recensione su Non c'è pace tra gli ulivi

di alan smithee
8 stelle

locandina

Non c'è pace tra gli ulivi (1950): locandina

IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA

"Solo uniti gli uomini possono dividere il giusto dall'ingiusto"

La voce fuori campo del regista ci conduce, con la mente come nelle immagini, in terra aspra e selvaggia di Ciociaria, la medesima terra natia del narratore, che, nel descrivere il carattere aspro e poco accomodante dei suoi abitanti, prova a spiegarcelo narrandoci una delle molte storie vere che hanno caratterizzato quegli anni di fine guerra, ove il ritorno a casa dei sopravvissuti, costringeva costoro a riaffacciarsi in un contesto di dura lotta per la sopravvivenza, ove la fatica ed il lavoro sodo npn sarebbero stati sufficienti a garantire la ripartenza.

La storia si focalizza sulla figura di un pastore di nome Francesco Dominici, che, al suo ritorno al paese, scopre che tutto il suo gregge di pecore è stato sottratto dall'arrogante e ladro suo antagonista, Augusto Bonfiglio, che, dopo avergli compromesso la sorella e sottratto ogni risorsa familiare, protende ora a sottrargli anche la promessa sposa Lucia, che i genitori infatti vogliono dare il sposa all'arrogante, abbagliati dalla ricchezza accumulata da costui con l'inganno e la prepotenza.

Agirà d'impulso e con piglio sicuro, il Dominici, sicuro del suo diritto e orgoglioso nel riprendersi ciò che è suo.

“Perché non te le ripigli le tue pecore? Chi ruba la roba sua non è un ladro!”

Ma l'azione di rivendicazione di un suo legittimo diritto di proprietà verrà punita in sede giudiziale da una giustizia cieca e sorda, e l'uomo incarcerato, poi in seguito datosi alla macchia, fino ad essere oggetto di una retata alla pari di un brigante.

La giustizia trionferà alla fine di un concitato inseguimento, in cui l'uomo retto riuscirà a riconciliarsi anche con la promessa sposa, che lo tradì solo perché costretta dalle circostanze avverse.

Da una solida ed appassionante sceneggiatura scritta a più mani, oltre che da Giuseppe De Santis, anche da Carlo Lizzani, “Non c'è pace tra gli ulivi” rimane uno dei capisaldi del neorealismo italiano, movimento culturale e di espressione che attecchì durante il Secondi conflitto mondiale e caratterizzò molte pellicole del dopoguerra, trovando in Giuseppe De Santis uno dei suoi più rappresentativi esponenti, assieme ad altri nomi di spicco come De Sica, Rossellini, Lattuada, Germi, Blasetti, ed in seguito Comencini, Pietrangeli, lo stesso Lizzani, Rosi, ed il primo Antonioni.

Nel film spicca, per la folgorante bellezza messa in risalto anche da una famosa scena di ballo popolare che il suo personaggio improvvisa per distrarre le forze dell'ordine e riuscire a salvare il suo amato in fuga, una sensuale Lucia Bosé, esordiente proprio in quell'anno con questo fim e Cronaca di un amore , di Michelangelo Antonioni.

Nel ruolo del fiero e risoluto protagonista, De Santis chiama nuovamente un aitante attore ed ex sportivo come Raf Vallone, utilizzato l'anno prima nell'altro suo celebre film Riso amaro.

La pellicola, dalla storia appassionante e colma di afflato verso un popolo di lavoratori sempre soggetto alle angherie dei più disonesti ed approfittatori, si snoda sino ad un finale non privo di colpi di scena, tutto girato tra gli aspri rilievi di una terra straordinaria che diviene parte integrante della concitata vicenda, forte di un finale sin troppo smaccatamente consolatorio, ma coerente con la materia molto ben calata su un contesto drammatico di vita e sopravvivenza.

 

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