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Margaret

Regia di Kenneth Lonergan vedi scheda film

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La recensione su Margaret

di barabbovich
7 stelle

Il secondo film di Lonergan non è un racconto di formazione, come potrebbe sembrare, bensì la messa in scena di un’adolescenza turbolenta ed esplosiva, incarnata da uno dei più ripugnanti personaggi femminili che – tolto qualche film horror – si siano visti al cinema.

La diciassettenne newyorchese Lisa Cohen (Paquin) ce le ha proprio tutte: è razzista, avida, intrattabile, isterica, ha zero senso civico, è totalmente irresponsabile e consumista. Va in giro con minigonne che hanno gli stessi centimetri quadrati di un fazzoletto, si porta a letto indistintamente professori e compagni di classe e, come se non bastasse, è una racchia pazzesca con un diastema inguardabile. È proprio il suo consumismo a indurla a distrarre un conducente d’autobus (Ruffalo) che indossa un cappello da texano che lei vorrebbe tanto. Lui si distrae e una donna che stava attraversando la strada al passaggio del mezzo viene investita e muore. Lisa scopre che la donna non aveva rapporti con i suoi parenti, sicché si rivolge a un’amica (Berlin) della defunta per far passare i guai al guidatore e arraffare qualche centinaio di migliaia di dollari dalla compagnia assicurativa che tutela l’azienda di trasporti. Nel frattempo, trova anche il modo per fracassare le scatole alla madre (J. Smith-Cameron), separata e - dopo anni - alle prese con una nuova relazione, e di ingaggiare discussioni assurde, costantemente a sfondo razzista, con i compagni di classe.

Il secondo film di Kenneth Lonergan non è un racconto di formazione, come potrebbe sembrare, bensì la messa in scena di un’adolescenza turbolenta ed esplosiva, incarnata da uno dei più ripugnanti personaggi femminili che – tolto qualche film horror – si siano visti al cinema. Un film fortemente imperfetto, che ha patito lunghe vicissitudini prima di approdare in sala (girato nel 2005, vi è giunto soltanto sei anni più tardi), dove le donne o sono delle virago, o delle erinni o delle immature signore piene di pregiudizi e gli uomini degli invertebrati. Nonostante questo, nonostante il titolo pretestuoso e nonostante qualche minuto di troppo concesso a divagazioni panoramiche, il film possiede un’incontenibile vitalità e una potenza narrativa che ne giustifica pienamente la visione.

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