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Don't Go Breaking My Heart

Regia di Johnnie To, Ka-Fai Wai vedi scheda film

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La recensione su Don't Go Breaking My Heart

di OGM
4 stelle

L'ultimo film di Johnnie To poteva essere un "La parola amore esiste” in versione orientale, non fosse stato per quell’"indegna" sequenza finale. Fino all’ultimo si può rimanere sospesi nel dubbio, ma quella sconcertante scena  conclusiva vanifica ogni speranza, ed ascrive questo film, senza alcun indugio, al filone delle commediole sentimentali; a quel genere che, per inciso, gli americani sanno fare molto meglio. Eppure non mancavano gli spunti a cui appigliarsi per potersi illudere di trovarsi di fronte a qualcosa di ben diverso: si poteva, ad esempio, beneficiare di una manciata di trovate brillanti e  finanche divertenti, sia pur disperse in una storia dallo sviluppo lento ed inutilmente ripetitivo. Si poteva partecipare emotivamente ad un amore visto come un perenne stato d’ansia, che alterna fasi di confusione ed irresolutezza a picchi di euforia e temerarietà. Una condizione bipolare che l’ambiguità tipica di ogni ménage à trois poteva sbizzarrirsi a ingarbugliare, accentuandone, a seconda dei momenti, il risvolto drammatico o l’aspetto comico. A dire il vero, nel film si scorge un vago tentativo di spostare l’accento ora sul pianto, ora sul riso, con un gusto spiccatamente puerile, che, istantaneamente, aggiunge un pizzico di vivacità ad uno sfondo grigio ed anonimo. Ma ciò non basta a risollevare il film dal deprimente registro di una romanza stiracchiata, nella quale l’ironia è un’aggiunta posticcia ed il pathos non risulta credibile.  E intanto, soprattutto nella prima parte, si osserva un inspiegabile accanimento intorno al tema del cambiamento, inteso come rinascita e taglio col passato, che viene proposto in tutte le accezioni più comuni: la ripresa economica dopo la grande crisi, il rinnovo del look che consente ad una donna di superare una delusione sentimentale e riacquistare fiducia in se stessa, l’incontro fortunato che induce un alcolista ad abbandonare il vizio e riprendere a fare progetti per il futuro. In mezzo a questo affollamento di stereotipi, di quando in quando fa capolino qualche elemento originale e colorato,  come una rana chiazzata di verde e marrone, oppure un cuore formato di post-it rosa. Forse Johnnie To, per una volta, avrebbe dovuto imitare Takeshi Kitano, e scegliere i disegni, i pupazzi e i giocattoli come protagonisti della sua storia, anziché utilizzarli soltanto come arredi decorativi di questo noioso Harmony culminante in un quel che si direbbe uno spot del Martini.  

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