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A Chinese Odyssey Part One - Pandora's Box

Regia di Jeffrey Lau vedi scheda film

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AndreaVenuti

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La recensione su A Chinese Odyssey Part One - Pandora's Box

di AndreaVenuti
9 stelle

A Chinese Odyssey Part One- Pandora's Box è un film hongkonghese del 1995 diretto da Jeffrey Lau con Stephen Chow protagonista.

 

Sinossi: Il demone Monkey King irascibile e ribelle sfida apertamente Buddha con esiti disastrosi dato che perderà la vita tuttavia in extremis il suo vecchio maestro Longevity Monk, sacrificando se stesso, riuscirà ad ottenere una sorta di grazia per il suo allievo: 500 anni dopo Monkey King si reincarnerà in un umano. Si tratta di Joker, scapestrato bandito da quattro soldi…

 

A Chinese Odyssey è una pietra miliare del cinema di Hong Kong.

Prima trasposizione cinematografica di un classico della letteratura cinese come Il Viaggio in Occidente (1590) di Wu Cheng’en, l’opera viene riletta e rivisitata da Jefrey Lau, maestro assoluto dell’ex colonia britannica, con uno spirito folle e visionario. 

 

A Chinese Odyssey è un progetto ambizioso, suddiviso in due parti distribuite separatamente al cinema -Part One: Pandora Box, Part Two: Cinderella- inoltre vista la complessità della materia Lau decide di puntare tutto sul suo pupillo Stephen Chow, che pochi anni dopo sorpasserà il maestro imponendosi come nuova leggenda della commedia locale (superando tra l’altro in fama ed inventiva un altro genio come Michael Hui).

 

Parlare di un film del genere non è assolutamente semplice, per di più avere alla regia un pazzo del calibro di Lau non aiuta. 

Brevemente due parole sul regista.

Lau è un artista incredibilmente poliedrico, inizia la sua avventura nel mondo cinematografico come produttore piazzando a sorpesa due bombe nel cosiddetto periodo della new wave (Nomade e Coolie Killerpoi con umiltà si mette dietro la macchina da presa provando ad innovare con successo un genere all’epoca in forte ascesa ad Hong Kong: la commedia-horror, arricchendola con uno stile registico ricercato, distinto da una contaminazione di generi ed influenze culturali variegate, alternate a momenti deliranti e senza senso tali da richiamare Wong Jing (altro regista importante per la crescita di Stephen Chow).

 

L’inizio è esplicativo. 

A Chinese Odyssey Part One: Pandora Box si apre in medias res mostrandoci il fulcro dello scontro tra Monkey King ed una divinità. Lo scenario è particolare, regna un’atmosfera tetra e attonita con un cielo rosso sfumato. La battaglia si distingue per effetti speciali artigianali e pittoreschi di grande invettiva inoltre possiamo notare una certa cura nei dialoghi, esilaranti e studiati nel dettaglio:

Longevity Monk rimprovera il suo scalmanato allievo, esortandolo a non buttare per terra oggetti: «non far cadere le cose…inquinerai l’ecosistema», siamo nel 1995 altro che Greta Thunberg. 

 

A seguito dello scontro atavico, veniamo catapultati avanti nel tempo di ben 500 anni.

Jeffrey Lau cambia completamente registro, regalandoci prontamente una sequenza incredibilmente elegante ed enigmatica che consiste in una serie di campi lunghi e lunghissimi in un deserto isolato dove al centro dell’immagine troviamo una misteriosa ragazza. La sequenza omaggia ed in parte scimmiotta Ashes of Time del 1994 di Wong Kar-wai (grande amico di Lau); la parodia e la contaminazione sono solo alcune delle armi amate dal regista (elementi ripresi e ricontestualizzati poi dallo Stephen Chow regista).

 

Andando avanti nell’analisi, la sequenza successiva è ancora diversa. Jeffrey Lau lascia spazio ad una commedia stravagante, pazzoide, scorretta (è sicuramente il film con il maggior numero di calci nei testicoli dati al protagonista) ed un po’ volgare con allusioni sessuali e scatologiche ciò nonostante riesce a non sfociare mai nel trash e nel cattivo gusto.

L’equilibrio è sottilissimo e sono pochi coloro che riescono a controllarlo; guarda caso ci riuscirà perfettamente lo stesso Stephen Chow, alzando addirittura l’asticella.

 

A Chinese Odyssey propone anche momenti di puro wuxiapian (ottime le coreografie di Ching Siu-tung) in parte ispirati allo stile tecnico e contenutistico di Tsui Hark con largo uso del wirework e di situazioni con personaggi che si trasformano. Allo stesso tempo si interrompe la moderna tradizione harkiana sostituita da trovate eccentriche, dall’uso dell’ellissi anticipato da una panoramica a schiaffi (si simula una sorta di piano sequenza “temporale”) ad accelerazioni cartoonesche dei personaggi (altro elemento ripreso ed amplificato dallo Stephen Chow regista).

 

Il film, come anticipato prima, gioca molto e bene sulla parodia.

Fantastica la falsa sequenza di sesso tra Joker (Stephen Chow) e Jing Jing; qui si prende in giro veramente tantissimo cinema d’azione e romantico che propongono sempre le classiche scene dove i protagonisti colti da una passione sfrenata iniziano a spogliarsi ed amoreggiare beatamente. Elementi “quasi” tutti presenti in questa scena con esiti spassosissimi ed un finale aperto.

 

Memorabile la parte conclusiva della pellicola, caratterizzata da svariati viaggi nel tempo senza sosta ed uguali, con un esito imprevisto.

 

Prima parte maestosa, pagina fondamentale della storia del cinema hongkonghese.

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