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Tutto o niente

Regia di Mike Leigh vedi scheda film

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La recensione su Tutto o niente

di FilmTv Rivista
8 stelle

Tutto o niente non è il film più bello di Mike Leigh. È altrettanto doloroso ma meno emozionante di Segreti e bugie e meno apertamente caustico di Belle speranze e di Naked (e in questo l’edizione italiana non è aiutata da un doppiaggio mal riuscito, che rallenta il ritmo dello scarno dialogo, ne vanifica il naturale gusto della battuta ed esagera il falsetto di voci che, in Inghilterra, sono semplicemente “inglesi”). Eppure, come quasi sempre con Mike Leigh, è uno di quei film che aiutano a riordinare priorità e bisogni (anche dell’universo cinematografico), a riaggiustare equilibri e prospettive. Di fronte al pauperismo ormai un po’ di maniera di Ken Loach e al naturalismo di certe rappresentazioni piccolissimo borghesi o proletarie, Tutto o niente svetta per la sua lucidità e la sua ricercata mancanza di compiacenza. Pochi giorni nelle vite intrecciate di alcuni abitanti di un mostruoso casermone della periferia di Londra; gli adulti (due tassisti, due cassiere di un supermercato, una casalinga alcolizzata) sono sempre più spenti, mentre i ragazzi e le ragazze scaricano la loro disperazione nell’aggressività o nell’autodistruzione della bulimia. Non c’è nulla di “affascinante” in quello che la macchina da presa inquadra: non il violento rancore dei giovani, né i loro abiti (da grande magazzino da quattro soldi e non da “street style”), né le loro facce già rattrappite su se stesse, né le loro pose che vorrebbero essere provocanti; non la silenziosa crisi esistenziale degli adulti, che non apre scorci di “eroica” provocazione (nonostante la giacca di pelle nera, il Phil di Timothy Spall è tutt’altro che un “taxi driver” cinematografico), ma fa solo i conti, giorno per giorno, con rapporti avvizziti dalla miseria, consumati in anni di squallori quotidiani; non l’ambiente, che non è realistico, ma reale, e nega qualsiasi suggestione immaginaria alle scritte che deturpano i muri come alle serate al pub. Eppure, in quelle facce di attori che paiono presi dalla strada e invece sono tutti straordinari professionisti (compresi i due ragazzi bulimici), in quei dialoghi scontrosi e in quei silenzi penosi, c’è un’umanità sconvolgente, quella che, per parafrasare Phil, se sapesse già cosa la aspetta quando si sveglia la mattina non si alzerebbe nemmeno. Parco di movimenti di macchina (Mike Leigh è uno che sa ancora dare l’indispensabile peso morale a un carrello o a uno zoom e li usa solo nei rari momenti in cui va dritto nel cuore dei personaggi), Tutto o niente ci chiama in causa, ci fa percepire la nostra distrazione e i nostri privilegi.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 20 del 2003

Autore: Emanuela Martini

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