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Todo modo

Regia di Elio Petri vedi scheda film

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La recensione su Todo modo

di sasso67
8 stelle

Criticato all'epoca da destra e da sinistra (Giovanni Grazzini, critico scevro da pregiudizi ideologici, scriveva sul Corriere del 1° maggio 1976 che "Todo modo è un greve sberleffo vestito di psicodramma intellettuale, chissà quanto gradevole a chi non si diverta a riconoscere nei personaggi i capifila della Dc, e chissà quanto politicamente proficuo al partito comunista in cui Petri milita"), secondo un'abitudine, a mio parere sbagliata, di giudicare i film di contenuto "politico" più dalla loro efficacia elettorale che sul piano del risultato estetico. È stato così, appena un paio d'anni fa, anche per Fahrenheit 9/11 che, se si dovesse giudicarlo dal risultato elettorale nelle presidenziali americane del novembre 2004, non dovrebbe essere gratificato di alcun pallino da parte dei dizionari critici che vanno per la maggiore. A distanza di trent'anni, invece, Todo modo mantiene tutta la sua forza polemica, grazie a quello stile grottesco ottenuto esattamente al punto d'incontro dove la tragedia si confonde alla farsa. Ma anche grazie alla capacità di quella classe politica, nonostante le tragedie (il riferimento è ovviamente a quella, personale prima che politica, di Aldo Moro) e la dissoluzione della Democrazia Cristiana, di riciclarsi con gli stessi metodi politici e affaristici, dove non addirittura con gli stessi inamovibili, benché più che ottuagenari, personaggi. Quella di Todo modo, derivato da un romanzo pamphlet di Leonardo Sciascia, è la descrizione dell'apogeo di un metodo di spartizione politica, destinato comunque all'autodistruzione, frutto del trasformismo italico passato indenne attraverso il Fascismo e la trasformazione repubblicana dello Stato, fondato sull'ipocrisia che si fa scudo delle sovrastrutture del rito cattolico per coprire e giustificare le peggiori bassezze, umane e politiche. Salvo, alla fine, liberarsi degli ingombranti e fastidiosi moralisti in tonaca che, agli occhi dei politici, pretendevano di indicare quale fosse la volontà divina e minacciavano castighi apocalittici, senza accorgersi che fuori imperversava una lenta ma micidiale epidemia: e se ieri poteva esservi un riferimento alla guerra fredda, oggi quest'ultimo simbolo può essere interpretato come un riferimento alle tante guerre, ormai tutte più che calde, che provocano vittime - "danni collaterali" - nelle periferie del mondo (così come l'epidemia del film provoca qualche vittima ad Avellino). "Film fatto per dividere, non per unire" (Tullio Kezich), parente stretto del Salò di Pasolini e di Cadaveri eccellenti di Rosi, e quindi, come nota ancora acutamente Kezich, molto figlio del suo tempo, Todo modo ha ancora oggi la capacità di colpire e di stupire per alcune notazioni che all'epoca dell'uscita del film non furono colte. Non al livello delle opere migliori di Petri, come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e La classe operaia va in paradiso, forse nemmeno dei Giorni contati, Todo modo resta nella memoria per quell'ambientazione claustrofobica da catacomba del terzo millennio, e per le interpretazioni davvero incancellabili di Gian Maria Volonté del personaggio del Presidente e di Ciccio Ingrassia di quello dell'esagitato e disperato penitente Voltrano.

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