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Il padre d'Italia

Regia di Fabio Mollo vedi scheda film

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La recensione su Il padre d'Italia

di barabbovich
3 stelle

A Torino, Paolo (interpretato con toni di intensa interiorità da un Luca Marinelli agli antipodi con il personaggio di Jeeg Robot) ha da poco concluso una relazione con il suo compagno. Casualmente conosce Mia (Ragonese), una ragazza incinta e borderline che sbarca il lunario come cantante, non ha chiaro chi sia il padre del bambino e non ha una casa. Scusa dopo scusa, la giovane si fa portare prima a Roma, quindi e Napoli e infine in Calabria. I due percorrono l'intero stivale a bordo di un furgone, imparando a conoscersi.
Luca (Marinelli) era gay. Con Il padre d'Italia (col duplice riferimento al nome della piccola nascitura e al territorio solcato sulle quattro ruote) siamo in pieno teorema Povia, proprio come nella canzone: l'omosessualità redenta da un'improvvisa opportunità di paternità e di mettere su famiglia. Se al retroguardismo prospettico si aggiungono l'assoluta pochezza dei dialoghi, l'espediente stra-abusato del road movie (il modello occhieggia quello de Il ladro di bambini di Gianni Amelio) e la gratuità di alcune scelte stilistiche (le scene iniziali tutte inspiegabilmente dominate da cromatismi gialli e blu, dall'Ikea all'ospedale, passando per il tram), emerge tutta la protervia malriposta di questo regista (qui alla sua seconda prova dopo Il sud è niente) che aspira a prendersi la patente di autore pretendendo di confezionare un film che si collochi a metà strada tra Qualcosa di travolgente e Una giornata particolare.

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