"Arancia meccanica" è, per me, uno dei film più affascinanti di Kubrick, un film piuttosto complesso che parla di violenza, libero arbitrio e controllo sociale, ma lo fa attraverso la figura di Alex DeLarge: è un delinquente giovanile che viene sottoposto a un trattamento di rieducazione forzata. Alex mostra fin da subito tratti tipici del disturbo antisociale di personalità: impulsività, aggressività, manipolazione, assenza di empatia e ricerca di sensazioni forti attraverso la violenza, spesso amplificata dalla musica classica (Beethoven). Il suo comportamento è anche un'espressione di ribellione contro una società percepita come debole e omologata, un modo per affermare il proprio dominio attraverso la violenza, che diventa un fine in sé (piacere egotistico) e non un mezzo per scopi socio-economici. Lo Stato, per "curare" Alex, lo sottopone alla tecnica Ludovico, un condizionamento comportamentale che gli provoca nausea e malessere fisico quando pensa alla violenza o ascolta Beethoven. Questo toglie la sua libertà di scelta. Il trattamento lo rende incapace di commettere violenza, ma anche di scegliere liberamente di fare il bene. Diventa così un "frutto" (arancia) che sembra naturale fuori ma è meccanico dentro, una figura ibrida priva di vera moralità. La cura stessa è una forma di violenza psicologica istituzionalizzata, che fallisce perché agisce solo sul comportamento superficiale, non sulle cause profonde, riportando Alex al suo stato iniziale e alla spirale di violenza, come dimostra il finale. Il film pone la domanda se sia meglio un individuo libero di scegliere il male o un individuo condizionato a fare il bene, privo di libertà. Kubrick analizza come la violenza, sia individuale che statale, corrompa l'innocenza e come il confine tra carnefice e vittima sia labile, e esplora le pulsioni istintuali e il ruolo della musica classica come catalizzatore di stati alterati e violenza. La scena della cura di Alex (Trattamento Ludovico) richiama la crocifissione per la sua potente iconografia visiva e tematica, con lui legato a una sedia, costretto a guardare scene violente con gli occhi spalancati da ferri, richiamando un martirio forzato e una passività totale, una "morte" simbolica della volontà, trasformando un individuo libero in un automa, come un Cristo innocente sacrificato per un "bene" imposto. "Arancia Meccanica" rimane un'opera dirompente non solo per i suoi contenuti, ma per la sua forma: il contrasto tra l'ultraviolenza e la sublime musica classica, l'uso del Nadsat che aliena lo spettatore, trasformandolo in complice o repulsore. Kubrick ci sfida a guardare oltre la nostra repulsione, ponendoci di fronte alla domanda: è preferibile un uomo violento ma libero, o un uomo "curato" ma ridotto a una macchina, privo di libero arbitrio? La risposta, come il film, rimane sospesa.
Arancia meccanica (1971): Malcolm McDowell


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