Sono le parole di addio di Evan Williams. Le ha dette l'anno scorso quando se ne è andato da Twitter, di cui è stato fondatore e CEO. Il motivo della sua dipartita lo sintetizzano queste sua parole "una volta pensavo che se avessimo tutti potuto parlare liberamente e scambiarci informazioni e idee, il mondo sarebbe stato migliore. Mi sbagliavo".
Credo che andandosene abbia dimenticato di dire "Grazie per tutto il pesce". Perché anche se ha mollato, prima aveva venduto metà delle sue azioni: il 30% della sua creatura. Non mi è chiaro quanto valesse il malloppo, ma stiamo parlando di almeno un paio di miliardi di dollari. Quindi no, Williams, non sei scusato per Donald Trump. Non lo saresti comunque.
Io e Evan Williams comunque abbiamo qualcosa in comune e quel qualcosa non sono i suoi miliardi di dollari. Nemmeno poi oso immaginarmi all'altezza di uno che ha inventato il termine stesso blog e tutto il resto. Però abbiamo in comune che abbiamo iniziato a frequentare e a pensare alla rete - con diverse possibilità e diversi esiti - sin dagli Novanta. E probabilmente con lo stesso entusiasmo. Se mi avete seguito per un po' - oserei dire se "ci" avete seguito per un po', perché credo di poter parlare su questo anche a nome del mio socio e amico End User (insieme al quale ho costruito questo posto che si chiama FilmTv.it) - sapete che non siamo mai stati schizzinosi davanti alla tecnologia e alla sua portata di novità. In rete ci stiamo bene, da sempre, ci è piaciuto studiarla e ci piace ancora, e penso che non ci stancheremo mai. Ma non è da poco che parte di quell'entusiasmo si va - diciamo - ridimensionando.
Una forte scossa di assestamento nei mesi scorsi l'hanno data le riflessioni che hanno fatto seguito a una email che mi è arrivata da una persona gentile e competente che in sostanza mi ha raccontato di essere un cinefilo, uno vero, e di aver raccolto negli anni - immagino con fatica e un'enorme dedizione - "un’infinità di ritagli stampa sul cinema, presi da quotidiani, settimanali, riviste, programmi di cineclub, cataloghi di festival". Un gigantesco archivio insomma, che lui va man mano digitalizzando e che al momento in cui mi scriveva era composto di 50 mila files, quota che rappresentava solo 1/7 del materiale complessivo: impressionante. La mail si concludeva con la proposta di una cessione.
Ora i problemi relativi all'acquisizione di quel materiale erano e sono enormi, partendo dal fatto che la digitalizzazione era sostanzialmente fotografica (gli articoli erano salvati come pdf fotografici, non come testi), sino ad arrivare al fatto che la questione dei diritti sarebbe stata spinosissima, praticamente insormontabile. Per non parlare dei costi notevolissimi che rendere veramente disponibili a tutti quei contenuti avrebbe comportato.
Ma, al di là delle tecnicalità, resta la questione: cosa offre davvero la rete? Anche limitandoci al nostro mondo del cinema, senza guardare altrove. Di certo molto, moltissimo, sull'attualità e sulla superficie, ma assai poco se si vuole andare indietro nel tempo e se si vuole scavare in profondità. È un problema non trascurabile: di tutto ciò che esisteva prima del digitale solo una minima parte è stata tradotta in codice binario. E solo una minima parte lo sarà in futuro. La sapienza del mondo accumulata nei secoli passati resterà altrove: su carta. Nelle biblioteche se va bene, in scaffali e cassetti dimenticati se va male: luoghi che un giorno finiranno per forza per essere sgombrati.
Io stesso ho qui in studio una parte dei miei libri di cinema - opere per lo più servite come materiale di riferimento per altri lavori del passato - e ogni volta che faccio un trasloco parte di loro va altrove: regalati nel migliore dei casi, buttati nel peggiore. Il loro numero, per necessità, si assottiglia e ogni tanto li guardo e mi chiedo che farne.
Ma insieme al tema della conservazione viene quello ancora più pressante della disponibilità dei loro contenuti. Finché la carta era il materiale su cui si conservava il sapere, essa rappresentava un valore e il solo modo per avvicinarsi al sapere che vi era contenuto. Il rischio è che, non essendolo più, tutti quei segni che sulla carta si sono depositati finiranno non essere letti, appresi, usati, citati.
E così con la rete il nostro sapere invece di accrescersi, si riduce. Spero di cuore che a livello accademico questo non accada, ma a tutti gli altri indubbiamente sì: ho seguito un paio di tesine e tesi di figli di amici e - nonostante la loro buona volontà - era evidente che il loro unico riferimento era ciò che c'era in rete. Quindi, nonostante tutto, poco. Mal riportato, semplificato, pre-digerito, copincollato.
Per essere la prima newsletter dell'anno solare non sprizza ottimismo, ammettiamolo. Ma so di rivolgermi a un popolo (si può ancora usare questa parola?) di persone che amando il cinema amano di riflesso anche la cultura. Non oso nemmeno sfiorare tutti gli argomenti che hanno portato Evan Williams a mollare. Io non mollo. Ma sono molto spiacente di non aver potuto ospitare l'archivio che ci è stato proposto, anche perché so che non troverà facilmente un'altra casa. E comunque se dovete fare una ricerca, una seria, andate in biblioteca. Sperando la troviate aperta.

Ora andate di là, osservate gli scaffali di libri, le videocassette accumulate in colorate pile (nere e piratesche però quelle registrate dalla tv: temerari), i dvd, le locandine, persino i vostri hard disk che credete eterni e invece... (avete un backup, spero eh!?). Collezionisti seriali che non siete altro.
Poi venite a dirmi qualcosa: nello spazio commenti qui sotto.


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