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INCONTRO CON PAOLO VIRZI'.
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INCONTRO CON PAOLO VIRZI’. LE  STORIE CHE CURANO.

 

10 APRILE 2015.  ORE 18,30. SERRALUNGA D’ALBA  (CN).

 

Camicia a scacchi rossi e grigi che fa capolino dal pullover scuro,  giacca tinta tabacco, elegante e portata con molta naturalezza, Paolo Virzì si presenta in questo modo al pubblico di Mirafiore. Prende posto alla scrivania centrale e in compagnia dei suoi inseparabili occhiali, tira fuori dalla borsa da viaggio gli appunti << su fogli con le ditate del cioccolato di Pasqua>>, raccolti per la lectio magistralis di questa sera, dal titolo “Le storie che curano”.

<< Du chiacchiere..>> precisa nel  suo accento livornese, mentre sfila l’orologio da polso e lo posiziona davanti a sé.

<< Se vi scoccio fermatemi !>>.

 

 

 

 

 

 

Comincia un monologo interessante e appassionante, che accomuna la psicanalisi alla narrazione e il racconto alla vita.                     I nomi dei grandi scrittori, che hanno influenzato l’adolescenza  e la  formazione del regista toscano, scorrono dalle sue labbra: Tolstoj e Pasternak (l’ esortazione alla ricerca della felicità) tra i più positivi, mentre Cervantes e Conrad tra gli autori più oscuri, quelli per cui, come Madame Bovary di Flaubert, ti puoi ammalare e morire.

La narrazione  come attività terapeutica, per cui raccontare delle storie diventa uno strumento di cura dalle malattie. Così come saperle ascoltare attentamente.  E questo fa un buon regista, presta  interesse a fatti di vita e li racconta attraverso le immagini e le parole.<< Il cineasta come operatore del servizio pubblico sanitario nazionale ! >> e ride Virzì  mentre pronuncia questa provocazione, aggiungendo che quando si maneggiano delle storie altrui, bisogna fare molta attenzione a non fare danni collaterali.

Racconti di vita vera o di fantasia, come il Pinocchio di Collodi, che il regista livornese considera il più importante romanzo di formazione dell ‘ 800 : << Pinocchio è una storia di miseria e privazioni, non parlo di quella  della Disney, che è tutta  un’altra cosa, ma del Pinocchio scritto da Collodi, quello in cui il principio del piacere  si scontra violentemente con il principio  della lealtà.

ll protagonista, per diventare un bambino vero, deve smettere di giocare , smettere di dire le bugie e mettersi a lavorare>>.

Aggiunge i ricordi personali: << mia madre mi voleva medico e questo faccio a modo mio,  curo le persone raccontando delle storie, a volte dolorose, altre felici…. perché  l’arte non sempre fa bene, a volte consola, a volte mette a nudo, altre fa soffrire …..un vero narratore può abbatterti o curarti>>.

 

Virzì ha molto a cuore le problematiche dei giovani, le ha esplorate in molti dei suoi film, in particolare la sofferenza degli adolescenti provocata dalle generazioni più mature con le brutture e i conflitti sociali, che ragazzi e ragazze,  sono costretti a subire  passivamente come pesante lascito generazionale: il conflitto di classe ne La Bella Vita (1994) e in Ovosodo (1997), la disgregazione delle famiglie e delle proprie radici in Ferie d’Agosto (1995) e in Caterina va in città (2003), lo sconvolgimento del tessuto lavorativo in Tutta la vita davanti (2008), l’impatto devastante degli anni  ‘70 in La prima cosa bella (2009) e degli anni 2000 ne Il capitale umano (2014), senza tralasciare il Berlusconismo in N (2006), mentre in  Tutti i santi giorni (2012) e   ne la favola Baci e Abbracci (1999), il regista livornese affronta il tema del  riscatto, in un contesto sociale ed economico,  che ha infranto anche il sogno americano ( bellissimo My name is Tanino del 2002), e non lascia possibilità di riscatto per il futuro.

 

 

<< qual è il principio attivo, per parafrasare il bugiardino dei medicinali, assolutamente indispensabile ad ognuno di noi e che è contenuto in 8 ½? L’accettazione dell’imperfezione della natura umana, uno dei farmaci che ognuno di noi dovrebbe avere sul comodino. Il film di Fellini, che vidi da adolescente in televisione, fu uno di quelli che mi diede la spinta a fare questo mestiere>>. Pinocchio e Guido (Marcello Mastroianni),  medicine insostituibili per l’animo umano, come la narrazione di storie che in alcuni paesi dell’Africa, racconta Virzì, si tramandano al centro della piazza di Marrakech o in Senegal, affidate ad autentici cantori orali denominati Griot, e di cui conserva un ricordo bellissimo e incancellabile. Questo si sente anche un po’ lui, e tutti quelli che fanno il suo mestiere con passione, dei tenutari di preziosi racconti da tramandare: a volte con risultati eccellenti a volte un po’ meno, ma sempre con il desiderio di ascoltare e farsi ascoltare. << se qualcuno mi dice che esce dalla sala un po’ giù, dopo aver visto un mio film, sono triste>>. Alcuni ritengono  che Il capitale umano abbia unl finale un po’triste, anche se lo sguardo tra i due ragazzi lascia uno spiraglio di speranza, ma il punto di vista del regista è impietoso e feroce contro il desiderio di essere vincenti ad ogni costo, di esibire un sorriso obbligatorio legato ad una esistenza fittizia.

 

 

 

 

Chiede al fonico di mettere una base musicale per poter danzare e comunicare le proprie emozioni, ma non viene accontentato, sorseggia ogni tanto il calice di rosso che Farinetti gli ha versato con cura e prosegue nel suo raccontare: un fiume in piena che  non si accorge che i 45 minuti istituzionali sono stati sforati. Paolo Virzì è anche questo, un oratore generoso e coinvolgente,  oltreché uno dei migliori cineasti italiani.

 

<< mi sono avvicinato all’idea di raccontare storie attraverso la parola…..la parodia involontaria de il Giornalino di Gian  Burrasca, fu il mio primo lavoro……sono andato a vivere a Roma perché c’era una Scuola di Cinema che prometteva 450.00 lire al mese di borsa di studio,  e mi sembrava interessante fare quello che mi piaceva e spesato….lì conobbi Furio Scarpelli, mio Maestro e geniale sceneggiatore…..ma soprattutto capii che il cinema non è solo andare a dormire con l’obiettivo 180, ma soprattutto uno strumento da adoperare per raccontare….in più ha questa forza misteriosa di raccontare con i corpi e con i luoghi…perché non muore il Cinema?  perché quella roba lì produce Mitologia, anche Mitomania, però produce racconto…non c’è nulla di più potente di vivere al Cinema, tant’è vero che la prima volta che sono andato a New York mi son detto… però credevo meglio!.......l’avevo già vissuta nei film che avevo visto >>.

Non si risparmia Paolo Virzì classe 1964, di  padre siciliano e madre livornese, frutto della città di Livorno, di cui conserva il carattere e il sorriso, ma il cui accento ogni tanto cede alla dolce Roma, la sua città adottiva.

Racconta del suo incontro con Raffaele La Capria, denominato affettuosamente Dudù , <<innervosito dal fatto che qualcuno gli ha rubato il soprannome!>>, dei lavori realizzati insieme al grande scrittore e dell’importanza dello scrivere per ricordare e quindi raccontare.  <<creare racconto vuol dire anche un po’ inventare, narrare vuol dire inventare in maniera convincente…il rapporto tra realtà e invenzione è sempre un po’ ambiguo..la vita è anche un po’ un invenzione…è questa proiezione che abbiamo davanti agli occhi, sonora e in 3d….forse anche un po’ un allucinazione che ciascuno di noi propone >>.

 

Nel frattempo ha abbandonato la giacca e si alza per salutare e firmare gli autografi di rito, il pubblico applaude con soddisfazione. Resta un’ultima domanda sul suo prossimo film in uscita.

 

<< il titolo sarà molto probabilmente La Pazza Gioia, le due interpreti principali sono Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti…il titolo riprende una delle frasi che Valeria ripeterà spesso nel corso del film “adesso ci diamo alla pazza gioia!”….e racconta la fuga da una clinica per malati di mente, di due donne  ricoverate….che scoprono che l’Italia che c’è al di fuori di quelle mura è più malata di loro….è soprattutto una storia di amicizia >>

Il regista si confida che quando scrive un film pensa sempre a chi ci sarà in sala a vederlo, i suoi figli, la portinaia, la sua maestra di scuola, il compagno di banco o il farmacista.

Infine, si congeda da noi con il sogno di proiezioni dei film in arene all’aperto, piene di gente, come da  bambino,  quando con la famiglia e <<le cartate piene di cibo e bevande >>,  assisteva al rito collettivo, magari sulle note  di Cetano Veloso  “ de perto

ninguem è normal”.

 

 

 

Lu Abusivo.

 

 

 

 

 

 

 

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