
Zuzzurro e Gaspare da adesso non ci sono più. Punto.
Sono queste le lapidarie parole di Nino Formicola dopo la morte dell’amico e compagno di scena da quasi quarant’anni, Andrea Brambilla, conosciuto come Zuzzurro.Questo pezzo non può che essere personale, visto che li conosco da bambino, quando negli anni ottanta si seguiva il Drive In (1983-1988) e poco dopo Emilio (1989-1990), e dopo ancora Dido Menica (1992-1993). Iniziavo così, nel 1992, in terza media, a fare teatro amatoriale e nel 1993 in compagnia di un amico di scuola riproponevamo gli sketch di Zuzzurro & Gaspare infarciti di qualche idea nostra, allineata al nostro contesto. Il mio amico nel ruolo del narratore, Gaspare, ed io in quello del mimo, Zuzzurro. Da quell’estate adolescente e fino al 1995, anni in cui ci si poteva permettere ancora il lusso di sperimentare e provarci, abbiamo avuto la fortuna di portare in scena, in contesti diversi, il repertorio del duo milanese, per poi diventare sempre più autonomi e portare in scena spettacoli e sketch originali ideati da me stesso.La comicità è un linguaggio. Come tutti i linguaggi ha la sua grammatica e i suoi codici. E come tutti i linguaggi, anche la comicità è diversa da individuo a individuo. Capire i meccanismi comici di un artista permette di entrare nella sua comicità, comprenderla, intuirla subito allo scoccare della battuta fino a precederla e soprattutto ti permette di riprodurre quel linguaggio, quella comicità una volta che ne hai imparato il gioco, i tempi, l’immaginario, la poetica. È quello che è successo a me nato e cresciuto con la tv anni ’80 che, nel bene o nel male, proponeva ancora sano cabaret, cosa che oggi, obiettivamente non si fa più.Se voglio riassumere la mia comicità, il mio linguaggio comico che ho portato in scena dal 1992 ad oggi e con cui ho infarcito testi già esistenti o creato ex novo sketch e spettacoli autonomi, posso farlo elencando una serie di nomi: Zuzzurro & Gaspare, Pozzetto, Jannacci, Villagio, Celentano e perfino Bud Spencer. Tra loro anche molto diversi, questi personaggi sono tutti accomunati da una comicità lapidaria finanche cinica – Spencer/Celentano – o comunque da una comicità surreale, straniata e straniante, giocata tutta sull’immaginazione e sullo spiazzamento nonsense.Capostipiti di questo mio linguaggio comico sono stati proprio Zuzzurro & Gaspare, in contemporanea con il Pozzetto dei film anni ’80 e con il Bud Spencer degli stessi anni – “Il Signor Mason e il Signor Steimberg, suppongo”, “La supposta è giusta”. Nati con la Camicia (1983). In seguito, con la maturità e la ribellione giovanile, la voglia di essere diverso e di non accorarsi al coro, sono arrivati tanti altri che hanno contribuito a loro modo a formarmi in questo aspetto, soprattutto Jannacci e la riscoperta del duo comico Cochi & Renato, grazie al rispolvero delle teche rai e del ritorno artistico della coppia nel 2000.Poco, pochissimo cinema, ma tanta tv e teatro per Zuzzurro & Gaspare e questo proprio fino all’ultimo. Dovevano infatti andare in scena al Teatro Leonardo Da Vinci di Milano il 15 ottobre con Non c’è più il Futuro di una Volta. Stavo già per comprare i biglietti, ma l’aggravarsi della condizioni cliniche di Andrea Brambilla hanno bloccato lo spettacolo a data da destinarsi. Data che non ci sarà più. Il mio ultimo ricordo è quindi legato al 2006 quando a Firenze, al Teatro Puccini, ero corso in bicicletta, in una sferzante serata marzolina, per vederlo dal vivo parecchi anni dopo a Mi Aiuti a Credermi (1993) e Rumori Fuori Scena (1997), con cui avevano stabilito il record di tenitura di oltre tre mesi, con un bel monologo preso da John Fante, Il Mio Cane Stupido, che esaltava al meglio la sua verve comica calandolo nei panni di un acido e paranoico e visionario narratore sull’orlo di una crisi di nervi.La bravura di Andrea Brambilla come attore drammatico era indubbia. Uno stile e una presenza scenica classici che gli permettevano di essere leggero e azzeccato in ogni ruolo, impostato magari dall’esperienza cabarettistica, ma sempre capace di restituire un’immagine efficace del proprio ruolo. Erede, ed eredi entrambi, della comicità lunare di Cochi e Renato, anche Brambilla sapeva giocare con il nonsense, seguendo un filo invisibile che lo portava dall’idea dell’oggetto alla sua rappresentazione distorta e personalizzata, forse barocca o espressionista, se vogliamo scomodare due estetiche famose, ma sicuramente figlia di un proprio linguaggio comico.Se la commedia brillante degli anni ’90 ha sostituito gli sketch televisivi cabarettistici, il nuovo millennio è stato segnato da un amalgama di revival teatrali, ritorni tv più o meno decenti, comparsate su reti private locali e idee innovative come Tutto Shakespeare in 90 minuti, ultimo spettacolo del 2012 per la regia dell’amico Benvenuti che già aveva portato al cinema Brambilla in Belle al Bar (1994) e in I Miei Cari Amici (1998).Dopo l’incidente del 2002 che l’aveva lasciato in fin di vita, la carriera non è stata più la stessa. Forte, energico e tenace, Andrea Brambilla voleva sempre tornare a lavorare, così ricorda Formicola. E puntualmente lo faceva. Purtroppo, i recenti ritorni tv hanno svelato una certa perdita di smalto della coppia e della loro comicità, che però si è sempre ritrovata a teatro, capaci ancora in contesti diversi dal cabaret di essere efficaci e incisivi. Polemiche a parte, come quella di Ceccherini-Paci che hanno parlato di plagio per uno sketch presentato a Festival (1987) – vera o presunta non importa più ormai, errori di gioventù si commettono, poi parlano i fatti e l’onda lunga del successo, successo che non ha arriso il duo toscano per esempio – Zuzzurro & Gaspare sono stati istrioni fondamentali per il processo comico del cabaret italiano. Anche se di matrice milanese, come tutto il miglior cabaret, la loro comicità, modellatasi poi sui ritmi e gli orizzonti televisivi, ha fatto scuola e oggi la pantomima, senza Brambilla, è un po’ più triste. Come triste lo sono stato io quando alle elementari, credo nell’86, durante la settimana bianca allo Stelvio, in una serata dove tutti potevamo fare qualcosa e anche noi bambini ci stavamo organizzando, un ragazzino più grande di me s’è preso lui il ruolo di Zuzzurro, ed io, come al solito troppo sensibile, mi sono appartato rattristato che qualcuno mi avesse rubato il ruolo del mio idolo di allora.Non posso purtroppo dire di conoscere l’uomo dietro l’artista, ma so quanto ha significato per il mio immaginario, tant’è che è a tutt’oggi tra i primi miei referenti comici. So bene che in questo pezzo ho parlato più di me che di lui, ma non solo è un pezzo scritto a caldo, senza una pianificazione previa, ma sono stato un po’ Zuzzuro anch’io.
Abbiategrasso, venerdì 25 ottobre 2013.



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