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Novecento atto II

Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Novecento atto II

di axe
8 stelle

Il regista Bernardo Bertolucci racconta nell'opera "Novecento" l'epopea del proletariato agricolo emiliano, portando in scena le storie di Alfredo ed Olmo, due giovani appartenenti rispettivamente alla famiglia dei "padroni" di un grande podere della "bassa", e a una numerosa famiglia di contadini impiegati nello stesso. Il film è diviso in due atti. Il primo si conclude narrando di ombre nero le quali si addensano, spegnendo il "sol dell'avvenire" per i proletari; il secondo atto mostra come il fascismo, strumento della "reazione", s'impone con forza. Il soprastante della fattoria, Attila Melanchini, è il più fanatico tra i militanti in camicia nera. Crudele, avido, sanguinario, perverso, si lega all'insoddisfatta Regina, cugina di Alfredo, destinato a diventare entro breve tempo il proprietario dell'azienda agricola. Il padre Giovanni muore, lasciandogli ogni bene. Alfredo non è un uomo deciso, sposa un'amica dello zio, Ada, lo spirito della quale ... vola alto. Il matrimonio è infelice, la donna percepisce l'ostilità di Regina, nel frattempo insediatasi nella grande casa, e di altri familiari di Alfredo; lenisce la solitudine e l'incomprensione con l'alcool e l'occasionale compagnia di Olmo, il quale, a sua volta, ha sposato Anita, insegnante ed attivista socialista, per perderla poco dopo. La giovane donna muore, infatti, di parto. Gli anni passano. A seguito di una irriverente protesta contro Attila, Olmo è costretto a fuggire. Anche Ada si allontana dalla magione, mentre Attila si vendica con crudeltà. L'epilogo si allaccia alle sequenze che aprono la prima parte del raccconto. Il giorno della Liberazione è un'esperienza mistica, catartica, ma le speranze connesse ad essa sono rapidamente smorzate. Attila è raggiunto dalle contadine inferocite mentre tenta la fuga insieme a Regina. Uniti in un relativo trionfo, questi due personaggi, malvagi oltre ogni misura, uniti nella caduta. Entrano in scena gli uomini, partigiani, ed infine Olmo. Attila, ferito ed umiliato, è giustiziato. Regina non è degna neppure di ricevere un colpo di grazia. Ed Alfredo ? Nelle sequenze conclusive, egli è tenuto sotto mira da un ragazzotto armato di fucile. Non fa alcunchè per sottrarsi alla minaccia; probabilmente, spera che un proiettile ponga fine ad una vita che non è stata felice. Nulla rimane in lui del giovane e vigoroso uomo di una volta. Ogni sua scelta si è rivelata sbagliata; la stessa inerzia ha portato sventura alle persone che gli sono state intorno. I suoi dipendenti improvvisano un processo popolare a questo sventurato "padrone", il quale è, a seguito dello stesso, condannato a morte. La sentenza, grazie all'intervento di Olmo, è eseguita solo simbolicamente. Una scarica di mitraglia in aria uccide il "padrone" e salva l'"uomo". Ma Alfredo non ha più interesse in nulla; mentre i sogni rivoluzionari dei lavoranti sono bruscamente interrotti dall'arrivo di carabinieri, i quali, sotto l'egida del Comitato di Liberazione Nazionale, il nuovo potere costituito, disarmano i partigiani, i quali concludono la loro avventura anch'essi in modo simbolico, correndo via festosi sotto una loro grande bandiera comunista a lungo sepolta, il "padrone" rimane inerte, limitandosi a comunicare ad Olmo che Ada, da quando è fuggita, non è più tornata. Il 25 aprile 1945 segna la fine di un mondo e la nascita di un altro. Ma non c'è spazio, in esso, per alcuni superstiti del passato. L'ultima sequenza mostra Alfredo ed Olmo anziani; soli, litigiosi, depressi, concludono l'esistenza terrena come i loro avi; tutto quanto hanno vissuto è una goccia, nel tempestoso mare del '900, secolo di grande progresso scientifico ed ideologico, nonchè di tremendi conflitti direttamente connesso ad esso. Il regista ha disposizione, per il suo film, un cast di "stelle". Appaiono in questo secondo atto, tra gli altri interpreti, Robert De Niro (Alfredo), Gerard Depardieu (Olmo), Donald Sutherland (Attila), Stefania Sandrelli (Anita), Dominique Sanda (Ada), Werner Bruhns (Ottavio, zio di Alfredo), Alida Valli (Ida Cantarelli Pioppi, una vittima della crudeltà di Attila), Laura Betti (Regina). Il ritmo è assai lento; il regista approfondisce le vicende sentimentali e coniugali di Alfredo ed Olmo, ponendo in evidenza il fallimento del matrimonio del primo, in coincidenza con un lento "regredire" del personaggio. Alfredo, a poco a poco, si spegne. Non è in grado di esercitare il ruolo di "padrone", ereditato dal padre. Lascia spazio ad Attila Melanchini, un criminale in camicia nera privo di ogni senso morale, il quale trae piacere dalla sofferenza altrui. Si allontana dall'amico Olmo, votato alla sofferenza come i progenitori, ma mai domo. Alcune sequenze cruente segnano questo secondo atto. Esse mostrano delitti efferati commessi da Attila sotto gli occhi quasi compiaciuti di Regina, sua amante e complice; l'essere stato un fascista della prima ora fornisce al crudele soprastante uno strumento d'impunità. Le mutate circostanze storiche rendono la vita in fattoria ancor più difficili. I lavoranti, tuttavia, non perdono tenacia ed orgoglio. Il regista ne esalta le caratteristiche positive e rinnova la sua critica verso la borghesia, evidenziandone l'inettitudine e l'inerzia, nonchè la sostanziale complicità con il fascismo. E' una presa di posizione nitida, giunta in un periodo storico di accesa conflittualità ideologica - l'opera è stata pubblicata nel 1976 - la quale non passò inosservata al pubblico, limitandone in alcuni contesti l'accettazione ed il successo. E' innegabile, tuttavia, il valore del film, curato nei minimi dettagli riguardo costumi ed ambientazioni ed in grado di rendere palpabili i sentimenti dei personaggi, in particolare di quelli più controversi quali Alfredo ed Ada. Degna di nota infine la colonna sonora di Ennio Morricone. Un'opera in grado di ripagare pienamente lo spettatore per le diverse ore d'attenzione le quali gli sono richieste per portare a termine la visione.

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