Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Libera trasposizione del romanzo di Théophile Gautier: nella Francia del ’600 una compagnia di attori girovaghi viene accolta nel fatiscente castello del giovane e spiantato barone di Sigognac, che decide di aggregarsi a loro per andare a Parigi col miraggio di essere ricevuto dal re grazie a una vaga benemerenza acquisita da suo padre. Un film molto teatrale, troppo lungo e anche piuttosto discontinuo; ma, oltre alla confezione visivamente smagliante, non può lasciare indifferenti l’esaltazione dell’arte come sublimazione della vita. Significativo il confronto fra gli spettacoli rappresentati nel misero villaggio e nel castello del marchese di Bruyère: cambia il contesto, cambia il pubblico (più ingenuo quello dei contadini, più smaliziato quello dei nobili), ma c’è sempre la stessa passione per la recitazione e la stessa voglia di divertire e stupire (quella che oggi chiameremmo “professionalità”). Da molti anni non vedevo recitare Troisi, ed è stato piacevole riscoprire la sua comicità soavemente macchinosa. Anche nella fase discendente della sua carriera, con la sola eccezione di Mario, Maria e Mario (1993), Scola mostra di avere un mestiere solidissimo.
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la passione è passione... poco ha a che vedere con la "professionalità"...
Diciamo che qui uso "professionalità" come una sorta di sinonimo di "amore per il proprio lavoro". Comunque sì, in effetti il concetto non era chiaro.
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