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Il diritto di contare

Regia di Theodore Melfi vedi scheda film

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La recensione su Il diritto di contare

di lamettrie
6 stelle

Film storico intelligente e onesto, a suo modo. Tratteggia in modo del tutto verosimile le vicissitudini di donne nere negli anni ’60, vittima delle pesantissime discriminazioni in voga da sempre, e sino ad allora, negli Stati Uniti: in quanto nere e, in più, in quanto donne.

Il regista Melfi combina bene i vari registri richiesti: quello serio imposto dalla vicenda, di discriminazioni odiose da combattere; quello leggero richiesto dalla divulgazione commerciale. Ma questa pellicola ha il merito, pur mantenendosi sempre ad un livello accessibile a chiunque, proprio di non svalutare mai nulla di quanto di significativo vuole ricordare, al fine di denunciarlo.

La collocazione storica, dei primi anni ’60 (non a caso, momento di massima intensità delle rivolte nere, e anche femministe), è resa benissimo: non solo con il trucco e le scenografie, ma anche con le musiche - di matrice giamaicana - che all’epoca facevano divertire gli Usa. Martin Luther King e i vari movimenti cristiani si amalgamano bene alla figura di Kennedy che all’epoca, nel ’61, era appena stato eletto presidente anche grazie alle promesse – spesso rivelatesi però propagandistiche, più che altro - fatte per spostare in avanti il diritto dei neri - oltre che di tutti in generale - come anche per spostare in avanti la conquista dello spazio (tema qui centrale), nell’ottica della principale preoccupazione statunitense, quella di vincere la guerra fredda contro i sovietici.

La sceneggiatura è tratta dal saggio storico allora appena pubblicato, dal titolo “Hidden figures”, che può significare tanto “numeri nascosti” (in onore alla specializzazione matematica delle protagoniste, che non è stata valorizzata subito come doveva), come anche “sagome nascoste” (in riferimento invece all’invisibilità sociale di costoro, costrette all’emarginazione razzista delle leggi ancora in vigore negli Stati Uniti).  Peraltro tali discriminazioni sono espresse chiaramente: senza eccessi, ma nemmeno senza sconti, mostrando una sequela impressionante di atti umilianti ingiustificabili, sedimentati nei secoli.

Ottima è la restituzione della dignità delle protagoniste: in bilico fra la – parzialmente inevitabile - accettazione delle discriminazioni legali, vergognose, e la loro necessaria denuncia, ecco che esse riescono a trovare i mezzi per far prevalere la seconda, evitando - con strategia intelligente e mai contata - contraccolpi gravi che avrebbero nuociuto alla loro stessa causa.

Non è un film memorabile, certo. Ma il classico film educativamente valido da mostrare alle scuole medie: equilibrato, sfrondato di qualsivoglia eccesso, ma - più che sufficientemente - serio per trattare tematiche gravi, da non dimenticare mai.

Certo, la vulgata americana del progresso che avvantaggia tutti (qui legato alla conquista dello spazio) è un po’ enfatizzata, per coniugare progresso sociale e progresso tecnologico, dimenticando le immense contraddizioni che ciò ha imposto negli Stati Uniti, e nei suoi paesi vassalli (tra cui il nostro).   

Un prodotto della scuderia del partito democratico internazionale degli anni ’10: in questo caso - in quanto privo di retorica e autentico, a differenza di quanto accaduto in vari altri casi – certamente da elogiare.     

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