Regia di Luigi Capuano vedi scheda film
Drakut, figlio della regina degli zingari, salva la vita a una principessa e se ne innamora. La ragazza non lo disdegnerebbe, se non fosse per due fattori determinanti: la differenza di status sociale e il pressing da parte di Atanas, cattivone di turno che punta alla mano della ragazza per mera avidità. Atanas uccide dunque il re, rendendo orfana la principessa, e fa ricadere le colpe dell’assassinio sullo zingaro; allo stesso modo calunnia la madre di Drakut e la fa arrestare: Drakut a questo punto può solo mettere in atto una doverosa e spietata vendetta.
Luigi Capuano, classe 1904, era attivo già dal secondo dopoguerra come regista di opere di stampo prettamente popolare, principalmente melodrammi; con questo Drakut il vendicatore si propone nei territori del cappa e spada, già frequentati in precedenza con titoli come Il cavaliere dalla spada nera (1956) o Il conte di Matera (1958). Va da sé sia che Capuano non ha problema alcuno nel confezionare un lavoro di questa risma, sia che le aspettative sulla visione possono essere legittimamente poche. La sceneggiatura di Nino Stresa (anche autore del soggetto), Italo De Tuddo e Roberto Gianviti non propone nulla di originale, pescando a piene mani da luoghi comuni e situazioni prevedibili, tra personaggi monodimensionali e azione e avventura un tanto al chilo: oggettivamente è difficile oggi come oggi appassionarsi a una trama tanto banale, e probabilmente anche all’epoca il film non doveva apparire dotato di particolare appeal. Basti vedere il finale, sbrigativo e approssimativo ai limiti dell’involontariamente comico, per liquidare la questione. I nomi principali nel cast sono modesti, ma assolutamente validi: l’americano Burt Nelson – che all’epoca recitò in una manciata di pellicole nostrane – è il protagonista, mentre al suo fianco compaiono tra gli altri Wandisa Guida, Moira Orfei, Mario Petri, Ugo Sasso e Franco Fantasia. Da segnalare due assistenti per Capuano, entrambi futuri registi a loro volta: Gianfranco Baldanello e Federico Chentrens. 2/10.
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