Chongqing, una metropoli cinese da 30 milioni di abitanti che tuttavia pochi europei al mondo conoscono, almeno solo per nome, nonostante non abbia quasi eguali sul pianeta come densita' abitativa. Il regista ventunenne esordiente Zhou Hao vi ambienta il suo film, ma ce ne mostra tuttavia solo pochi agglomerati, densamente cementati e una veloce lontana skyline dalla quale si riesce solo in parte a capacitarsi delle dimensioni smisurate di questo immenso formicaio umano.
Si perche' il giovanissimo cineasta preferisce soffermarsi su una piccola e modesta viuzza stretta e pure male illuminata; una feritoia di comunicazione che pare quasi un carrugio genovese, all'interno della quale il giovanissimo e bel Tuberose attende i suoi numerosi clienti, che accorrono in quel luogo tranquillo per soddisfare le rispettive impellenti libidini sessuali.
Durante una sera apparentemente come tante, tuttavia, il ragazzo si accorge che nel vicolo si e' gia' installata una giovane ragazza mai vista prima di allora. Non molto allarmato il giovane, forse perche' consapevole del fatto che i due si occupano di clientela troppo eterogenea nelle abitudini sessuali per correre il rischio di farsi concorrenza, familiarizza con la sconosciuta, scoprendo che si chiama Narciso, o cosi' almeno questo e' il nome con cui si si fa riconoscere quando esercita la professione.
Dopo qualche giorno, l'incontro dapprima di Tuberose con Rose, un ragazzo sensibile che inizialmente lo desidera solo per sfogo, e poi si scopre sempre piu' attratto da un interesse ben piu' profondo (e forse reciproco) col prostituto, e poi dello stesso Rose con Narciso, da' vita ad un tortuoso percorso a tre dove interesse strategico e "commerciale" si contrappone ed abbina ad un umano tentativo di far parlare i sentimenti: ecco che infatti ognuno dei tre personaggi, coinvolti da una spirale di sentimenti e sensazioni vicine alla passione vera, tenta di far combaciare l'insano ed indispensabile opportunismo delle loro squallide esistenze, con la voce genuina che si nasconde nei recessi, ancora in parte sconosciuti, dei rispettivi cuori.
Ma il vero "Narciso" non e' la donna, bensi' Tuberose, che desidera da una parte conoscere il vero amore, fino a scoprire tuttavia, e non senza una compiaciuta amarezza di fondo, che egli riesce solo ad amare se stesso, come dimostrano le appaganti e quotidiane sessioni preparatorie davanti allo specchio, dove il bel giovane si mira e rimira al ritmo (coinvolgente, in sala a fine proiezione canticchiavamo tutti il malizioso motivetto) di una dolce, malinconica e mielosa canzone in sottofondo che induce il vero narciso a danzare e a muoversi sinuoso come una mannequin ispirata ed appagata della propria perfezione.
Girato senza dubbio, e come annunciato, con lo stile sognante e melanconico che non puo' che omaggiare con pertinenza il grande cineasta Won Kar Wai, The night e' un esordio comunque affascinante per come l'autore sia riuscito a giostrare una trama esile e non certo nuovissima lungo un limitato spazio geografico (il vicolo, un bagno pubblico e la galleria/rifugio) e temporale, puntando sul volto dolente e civettuolo del suo eccentrico protagonista, su una luce pastosa e giallastra della notte illuminata artificialmente, che contrasta con grande effetto sull'incipit e su un epilogo in bianco e nero, scelti forse per rappresentare un inizio ed una fine, tappe estreme in cui il sentimento non e' ancora sorto, o al contrario e' gia' tramontato.
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