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Il viaggio a Vienna

Regia di Edgar Reitz vedi scheda film

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La recensione su Il viaggio a Vienna

di SamP21
8 stelle

La trama in breve:

Nel 1943, in un piccolo villaggio tedesco, la bionda Toni e la bruna Marga, i cui uomini sono al fronte, tentano di sopravvivere alla guerra quando, con grande sorpresa, trovano una scatola piena di soldi in una soffitta. Le due decidono di usare quel denaro per un viaggio a Vienna, destinato però a causare in loro solo delusione.

 

Il quarto film di Reitz, il primo che si confronta con la storia del paese, nasce da esperienze parzialmente autobiografiche; da una fotografia della madre di un viaggio, proprio, nel 1943 e proprio a Vienna.

Vienna nel 1943 è ancora una città senza guerra.

 

Dopo due film che hanno a che fare con uomini ossessionati, molto diversi tra loro, e che finiscono male, e un film mitologico, così lontano dal ’68 e dall’attualità (o forse no?), Reitz realizza un film storico ed una commedia, con l’aiuto di Kluge (per cui aveva montato “La ragazza senza storia).

 

Il film ci restituisce l’immagine della Germania durante la guerra, di una parte del paese tra le meno mostrate al cinema (terra proprio del regista), quella rurale e contadina; e lo fa attraverso la volontà di evasione, intesa come risposta vitale, di queste due donne.

 

Le protagoniste sono piene di inventiva, in un paese e in un momento dove l’unica cosa che sembra contare è confidare nella vittoria dell’esercito nazista; i mariti sono al fronte e loro per evadere da questa realtà un po' congelata ma anche piena di tensione, decidono di partire ed andare nella bella Vienna.

 

Partono per vestirsi bene, per vivere, per divertirsi e magari incontrare un ufficiale valoroso.

Reitz gestisce benissimo i tempi della commedia, dando grande spazio ai suoi interpreti; oltre alle due splendide protagoniste (Elke Sommer e Hannelore Elsner), va citato un grandissimo, al solito, Adorf nel ruolo di un nazista.

 

Il film vive dei momenti euforici delle due donne, che nel finale si dimostreranno anche diaboliche per aiutarsi, anche se poi litigheranno. La loro vitalità le fa vivere un viaggio spensierato, dove incontreranno un imbroglione prima e due ufficiali poi, in un clima che ovviamente era tutto tranne che gioioso.

 

Gli uomini del film, quasi tutti militari, sono piccoli, meschini, a parte forse i due uomini con cui fanno la conoscenza che riscattano il valore generale; la vita in patria o in Austria è mostrata come “normale”, come se nulla stesse accadendo nel mondo e per mano proprio dei nazisti.

 

Anche se le protagoniste si dimostrano sempre scettiche sulla guerra, “loro non ci sarebbero mai andate” e non avrebbero mai ucciso nessuno: ecco il distacco rispetto all’azione folle di Hitler & co. Una di loro infatti si chiede ma tutto questo per far cosa?

 

Gli aspetti drammatici sono lasciati da parte, almeno in varie fasi del film, conta più il racconto di queste due donne e la loro forza di reazione rispetto ad accadimenti più grandi di loro. Ma c’è anche un bel ritratto della Germania durante la guerra, delle pochezze, dei limiti che il regime impose anche per via del razionamento del cibo.

 

La regia di Reitz non è mai formale, è sempre tesa a raccontare, attraverso piccoli dettagli, i suoi personaggi e la storia; ma il film ha alcuni momenti da ricordare, come la scena del ballo con le due donne che vanno e vengono, i giri per Vienna (il lavoro sui costumi è importante), la scena in cui le due “fregano” il personaggio interpretato da Adorf e ancora quella in cui l’ufficiale tedesco non riesce sessualmente.

 

E infine il film vive di una grande libertà: vediamo le protagoniste in bagno, vediamo la loro genuinità con momenti di realismo lontani dal cinema classico; ad un certo punto le due parlano in bagno, appunto, mentre una delle due sta urinando.

 

Un film vitale, divertente, mai banale né ignaro del periodo che racconta, un film brillante, in parte lontano dal cinema di Reitz che poi, dieci anni dopo, darà il via alla sua opera mondo “Heimat”. Un film da recuperare assolutamente.

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