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Sacro GRA

Regia di Gianfranco Rosi vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su Sacro GRA

di Andreotti_Ciro
7 stelle

Il GRA, Grande Raccordo Anulare, è l’autostrada urbana più lunga d’Italia, con un’estensione pari a un anello di Saturno”

 

Queste le parole con le quali viene descritto il GRA esplorato in lungo e in largo prima dall’urbanista e paesaggista Nicolò Basetti, che sia a piedi, sia con altri mezzi ha deciso di dare vita a una lunga camminata antropologica; attraversando più volte i quasi settanta chilometri del Grande Raccordo Anulare, tramutandoli in totale in quasi trecento chilometri.Percorrendoli e consegnandoli al documentarista Gianfranco Rosi, in seguito a un passo dal premio Oscar per Fuocoammare (id.; 2016), dedicato a Lampedusa e al mondo dei migranti, il quale, forte delle esperienze maturate fra l’India, la vita ai margini, delle baraccopoli made in USA, e dei narcotrafficanti messicani, per una volta ha deciso di ripercorrere nuovamente quei quasi settanta chilometri, soffermandosi anch’egli alla ricerca di vite ai margini. Posizionate lungo quella linea di confine che è il GRA: ovvero fra il centro sfavillante della capitale e la vita lontana dai riflettori. Nei luoghi dove la cementificazione, il degrado, i campi incolti, possono lasciare ben poco spazio all’inventiva.

 

Le storie scovate e narrate da Rosi risultano al fine qualche cosa di tenero e di mai visto, quasi irreali per quanto paiono assurde, ma assolutamente tutte calate nella realtà: si passa dal soccorritore in ambulanza, al nobile decaduto che vive in pochi metri quadrati e in compagnia della figlia. Dal pescatore di anguille, a due prostitute ormai troppo anziane per poter sperare di attirare qualche cliente danaroso. Dal nobile che decide di affittare la propria abitazione come set per fotoromanzi, sino al ‘Palmologo’ interessato alla salute delle palme che incontra lungo il proprio percorso e che accudisce con una cura a dir poco maniacale. Tutte storie narrate sullo sfondo poliedrico e cementificato del GRA, un ‘non luogo’ che l’architetto e politico Romano: Renato Nicolini, definiva “il muro invalicabile” restituitoci per una volta non più come una terra di nessuno ma come un luogo quasi metafisico e meritevole di venire studiato ed esplorato.

 

Lo sforzo di Rosi riesce quindi a colpire l’immaginazione del pubblico con una pellicola che può fare tranquillamente coppia con La Grande Bellezza (id.; 2012) di Paolo Sorrentino. Con il sostanziale distinguo dato dalla percezione che si può avere di Roma. Da un lato vista come fonte di estasi e splendore oppure mai vista ed esclusivamente filtrata solo attraverso la lingua di asfalto del GRA.

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