Regia di Ferdinando Merighi vedi scheda film
Esordio del "Detective con la faccia di Bogart".
Pellicola imprescindibile per i cultori del trash organizzata dal famigerato Dick Randall, curioso e anomalo personaggio proveniente dalle seconde schiere produttive di Hollywood e di Broadway, il quale pensò bene di stabilirsi per un certo periodo nel Belpaese al fine di raggranellar quattrini nel nostrano cinema di genere a basso costo.
Nello spaziare con estrema disinvoltura da un filone all'altro raschiando senza ritegno il fondo del barile, cavalcò, come era lecito e prevedibile aspettarsi, anche l'onda del thrilling argentiano che in quegli anni (siamo nei primi settanta) stava vivendo il suo periodo di massimo fulgore.
La vicenda, dopo averci mostrato un misterioso individuo che precipita dalla Tour Eiffel, vede un commissario interpretato dall'esordiente italo-americano Robert Sacchi, passato agli annali come il clone per eccellenza di Humphrey Bogart, ripercorrere in flashback l'indagine iniziata con l'omicidio di una prostituta (una Barbara Bouchet alle sue prime esperienze in terra italica che credo non sapesse bene in che razza di "kapolavoro" si fosse imbattuta), vivente e lavorante in una casa d'appuntamento parigina. Del delitto viene accusato il ladruncolo Antoine Gottwales (interpretato dal sanguigno bolzanino Peter Martell, al secolo Pietro Martellanza) un tipo tanto isterico quanto manesco, già compagno della sventurata e ancora della stessa perdutamente innamorato. Dopo la lettura della sentenza di condanna alla ghigliottina, si rivolge minaccioso verso la corte e tutti coloro che lo avevano incriminato, promettendo di ritornare dal regno dei morti per compiere la sua tremenda e spietata vendetta (sic!). Il Gottwales riesce però, non si sa bene come, a evadere dal carcere. Ingaggiando un inseguimento con la polizia a bordo di una motocicletta rubata, finirà comunque, come fosse stato scritto dal destino, decapitato andando a cozzare contro un camion ma i delitti continuano. La convinzione che sia tutta opera dello spirito del criminale tornato dall'oltretomba sarà confutata dalla scoperta del reale assassino e del trauma che lo spingeva a uccidere. Ormai braccato dalla polizia e rimasto senza scampo, preferirà suicidarsi gettandosi appunto dalla Tour Eiffel.
Unendo le istanze di una maggiore libertà sessuale e un non ancor sopito fascino per le atmosfere gotiche, il Randall riunisce un nutrito cast femminile nel quale spiccano, oltre alla testè citata Barbara Bouchet, una matronale Anita Ekberg, impegnata nella parte a lei evidentemente congeniale della maitresse, nonchè una conturbante Rosalba Neri, nelle vesti di un'ambigua artista da night club. L'indiscussa reginetta delle produzioni di serie Z del periodo, alla quale viene affibiato come amante un figuro di una tale bruttezza da far vergogna ai personaggi di "Cinico TV", si fa qui ammirare, sia pur doppiata, anche in versione canterina, ripetendo allo sfinimento il classico "Je t'aime! Je t'aime!", sciorinandoci un francese piuttosto sguaiato.
Sul versante maschile, se il personaggio del nostro "commissario con la faccia di Bogart" non può che ridursi a poche pose per evidente incapacità, fanno parte del nostro calderone: l'ex calciatore Renato Romano (noto anche come Raf Valenti), nella parte di un giornalista reduce dal Vietnam che vive all'interno del casino al fine di trovare la migliore ispirazione per i suoi romanzi (mah!) e il citato Martellanza-Gottwales con le sue incredibili esplosioni di ira e di violenza a suon di sberle sulla povera Bouchet che rifiuta le sue attenzioni preferendo prostituirsi. La di lui testa mozzata (visibilmente di cartapesta) sarà poi oggetto degli assurdi esperimenti del Prof. Waldemar, interpretato dall'attore feticcio dei tanti horror di Jess Franco Howard Vernon e del suo assistente, immancabile fidanzato di Leonora (Evelyn Kraft), figlia del detto professore il quale si oppone fermamente e inspiegabilmente all'idillio dei due piccioncini. Dulcis in fundo non poteva mancare un cameo dello stesso Dick Randall che con tanto di "churchillone" in bocca ci delizia nelle vesti di un laido puttaniere, assiduo frequentatore della casa.
Purtroppo la preclara ristrettezza di un budget, evidentemente esauritosi per prezzolare il "colorito" cast, impedisce al Randall di avvalersi di un regista capace di dare equilibrio a una vicenda che si muove maldestramente tra un registro e l'altro, mischiando come in un cocktail male amalgamato giallo, horror, poliziesco tout court, erotico e dramma a forti tinte. Il mediocre Ferdinando Merighi, più attivo come aiuto regista e del quale assai poco si sa, con l'ingerenza, a quanto pare determinante, del coproduttore di origine rumena Marius Mattei, altro personaggio "misterioso" dell'italico cinema minore, non fa altro che aumentare il tasso di disagio e di straniamento permeante l'intera pellicola. Il tutto mal sorretto da un montaggio eseguito con l'accetta da Bruno Mattei e da effetti speciali risibili e ultrapoveristici realizzati, evidentemente senza soldi, dal futuro "Premio Oscar" Carlo Rambaldi, non nuovo ai suoi esordi a operazioni di tal fatta: la succitata testa mozzata di Gottwales, gli sgozzamenti al succo di pomodoro e le "donnine allegre" della "casa" prese a "lampadate in faccia" non possono far altro che scatenare in noi malcapitati spettatori tante crasse e involontarie risate.
Accompagna i titoli di testa e di coda un motivetto easy leastening a firma di Bruno Nicolai di chiara ispirazione morriconeggiante.
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