Regia di Bruno Gaburro vedi scheda film
Cinque pazienti psichiatrici molto differenti tra loro – ansiosi, instabili, violenti, pericolosi per sé e per gli altri – vanno ad abitare nell'appartamento (momentaneamente libero) della madre della dottoressa che li ha in cura. La convivenza forzata migliora l'umore – e di conseguenza la salute mentale – di tutti, o quasi.
D'accordo il messaggio sullo stigma sociale della malattia mentale, d'accordo la sensibilizzazione su temi che purtroppo ancora oggi vengono tenuti in secondo piano, quasi rimossi, anche soltanto per quieto vivere e per non turbare eccessivamente il pubblico; belle, bellissime insomma le motivazioni che sorreggono questo mediometraggio (un'ora di durata in tutto), ma sulla fattura del lavoro non possono che essere spese note negative. Prima della felicità è un film realizzato per la televisione da un vecchio volpone, Bruno Gaburro, che ha visto declinare la sua carriera di pari passo con l'esaurirsi del filone del cinema di genere; Gaburro non spende troppe energie a mettere insieme questo prodottino dalla resa estetica a un passo dal dilettantesco, che conta solo su due effetti speciali “corali”: un cast composto quasi in toto da nomi di buona o discreta rilevanza e una serie corposa di partner in sede produttiva che annovera tra gli altri due ministeri (Beni culturali e Salute), la regione Veneto e quattro comuni (tra cui Verona e Belluno). Il fatto poi che in una comparsata sia presente anche l'imprenditore veronese Giovanni Rana e che la sequenza di chiusura insista tanto sul logo MSC di una nave da crociera, lascia intuire che la lista degli sponsor non si concluda semplicemente con quelli istituzionali. Ma, tornando agli attori in scena: Enzo Iacchetti, Alessandro Haber, Monica Scattini, Massimo Olcese, Giancarlo Giannini, Katia Ricciarelli, Lidia Vitale, Andrea Roncato ed Erika Blanc sono inclusi nella lista. Al di là della confezione non proprio curatissima, l problema principale rimane comunque nella sceneggiatura di Dardano Sacchetti che privilegia pathos, facili sentimentalismi e situazioni telefonate dimenticandosi completamente del tema di primaria importanza che l'opera intenderebbe veicolare. La morale del tipo “l'unione fa la forza”, in territorio psichiatrico, è un po' rischiosetta. 2/10.
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