Regia di Gianni Martucci vedi scheda film
Thrauma...Thrrashh
Decorsi quattro anni dallo sgangherato noir "Milano difendersi o morire", il milanese Gianni (al secolo Giannantonio) Martucci, ricevette incarico da Alberto Marras, figura senz'altro apicàle delle produzioni trash del periodo, di dirigere uno slasher movie a bassissimo costo sfruttando l'ondata dei vari "Venerdì 13" e "Halloween la notte delle streghe" che stavano riscuotendo anche da noi discreti esiti al botteghino.
Un film dalla limitatissima visibilità che divenne inspiegabilmente oggetto di culto a causa della rarità dell'unico supporto home video sino a qualche tempo fa disponibile, costituito da una videocassetta "Cinehollywood" le cui quotazioni raggiunsero tra i collezionisti cifre spropositate. Recentemente distribuito in dvd dalla "Cecchi Gori Home Video", detentrice dei diritti, il master in questione recupera il prologo espunto dalla detta vhs, nonchè dalle poche programmazioni delle prime televisioni private ante Legge Mammì.
In una zona rurale degli anni immediatamente successivi al dopoguerra (o almeno così si evince dall'abbigliamento dei protagonisti), un bambino cieco d'un occhio viene costretto da un coetaneo bulletto e prevaricatore che minaccia di non giocare più con lui a salire su un albero per recuperare un nido di poveri volatili. Caduto rovinosamente sul selciato, il poveretto si procura una lesione tale da trasformarlo in età adulta in un freak claudicante e dagli istinti bestiali. Ci spostiamo ordunque ai giorni nostri o meglio all'epoca del girato. Qui l'essere (così definito nei titoli di testa ritmati da un tamarrissimo brano disco-dance da quattro soldi a firma del "mitico" Ubaldo Continiello, calzante con uno slasher come i cavoli a merenda) con il suo inconfondibile bulbo oculare bianco si determina a uccidere tutti gli ospiti della villa di proprietà dello squattrinato Andrea e della sua ricca moglie. Qui converranno l'amico Carlo con la consorte Silvia; il fotografo Paul con la modella Olga e il miliardario Bitto con immancabile procacissima segretaria accompagnatrice. Il mostro, che vive in un imprecisato e recondito scantinato all'interno della villa, a causa di un intelletto fermo a quello di un infante, ama trastullarsi con costruzioni in lego, ricevendo in dono i relativi mattoncini dopo ogni omicidio da un misterioso individuo, mandante dei delitti, che persino un minus habens può indovinarne l'identità dopo neanche dieci minuti di proiezione!!
Con un plot ultrarisaputo che prende a modello "Dieci piccoli indiani", il buon Marras racimola per l'occasione un manipolo di attori ultrasconosciuti, recuperati con tutta probabilità dalle ultime schiere di Cinecittà e dintorni. Un cast di carneadi tra cui riconosciamo Gaetano Russo (in arte Ronny Russ), coautore anche della sceneggiatura assieme al Martucci e al futuro regista televisivo Alessandro Capone, nella parte del protagonista Andrea; il teatrante recentemente passato a miglior vita Roberto Posse che credo non abbia mai ricordato con particolare piacere codesto "peccato di gioventù", nel ruolo dell'amico Carlo; un poco significativo Per Holger, nelle vesti del mostro (un Salvatore Baccaro avrebbe reso diversamente) e, dulcis in fundo, il peso massimo del cinema italiano Franco Diogene. Rivestendo il ruolo di un miliardario con tanto di Rolls-Royce d'epoca (prestata per un paio di giornate da una qualche agenzia specializzata in cerimonie) il pingue, baffuto e oggi compianto comprimario si renderà protagonista, caso più unico che raro nella storia del cinema, di un'entrata e di un'uscita di scena entrambe improntate alla più alta gradazione di trash che si possa immaginare: prorompendo nel parco della villa e dopo aver lanciato per aria scarpe e indumenti, darà vita a un memorabile tuffo in piscina con conseguente e clamoroso effetto tsunami sotto gli occhi sbigottiti e increduli degli astanti. Cercando di fuggire dalla villa armeggiando con il catenaccio di un cancello, come se fosse in grado di aprirlo senza chiave, morirà colto da infarto alla sola visione del mostro all'atto di strangolare la sua segretaria-accompagnatrice.
Spostando l'attenzione sul gineceo a disposizione, la bonazza Domitilla Cavazza (mi si perdoni il giuoco di parole), in arte Dafne Price, nel ruolo della ricca moglie del padrone di casa e la milfona Silvia Mauri nella parte di Silvia (sic!), consorte di Carlo, offrono interpretazioni e sguardi imbambolati alla "t'amo pio bove..", il tutto nel contesto di situazioni surreali condite da dialoghi deliranti e folli, in grado di aumentare a dismisura il tasso di inverosimiglianza della pellicola. Memorabile rimane la visita del fotografo Paul (un non meglio identificato Timothy Wood) che irrompe nella camera di Carlo e Silvia, investendo i poveretti con argomentazioni a raffica e senza senso a giustificazione di non riuscire a prendere sonno, il tutto per ricattare la donna, immortalata in atteggiamenti saffici con la modella Olga (la tal Anna Maria Chiatante), prima vittima del mostro e che tutti quanti si determineranno a cercare nottetempo come fosse un mazzo di chiavi!!
Memore dei suoi esordi pecorecci, il Martucci non tradisce i desiderata di noi poveri trogloditi delle terze visioni, regalandoci nudi integrali della Chiatante che si esibisce in guisa di una playmate de noartri al servizio del fotografo Paul che manderà letteralmente a quel paese prima di venire massacrata a morsi dal nostro simpatico assassino. Il tutto con il sottofondo delle musiche di riciclo da "Play Motel" e soprattutto di "Malizia Erotica", con quell'inconfondibile brano lounge che verrà iperabusato nei pornazzi dell'epoca.
Insomma e al di là di tutto, se glissiamo su una sceneggiatura deficitaria che ci obbliga a interminabili soggettive del mostro che vaga senza una meta per un imprecisato borgo medioevale; su una fotografia troppo scura; su una recitazione da compagnia parrocchiale e su un finale improntato all'egida del "se non vedi non ci credi", addirittura seguito dal testo biblico dell'Ecclesiaste!!, il film potrebbe anche divertire come esempio d'un cinema scalcinato non foss'altro per la sua limitata durata (appena un'ora e diciassette minuti).
Un'ultima curiosità: il testè citato dvd della Cecchi Gori presenta i titoli di testa su sfondo nero senza quegli effetti da lavagna luminosa a pressione con la quale noi bambini d'un epoca ormai remota utilizzavamo ai tempi dell'asilo oggi chiamato "scuola dell'infanzia"!
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta