Regia di Aleksandr Dovzhenko vedi scheda film
Aleksandr Dovzhenko è stato un regista ucraino un tempo considerato fra i massimi registi sovietici, fiero sostenitore della Rivoluzione e dell'avvento del Socialismo, autore di alcuni capolavori del cinema muto come "La terra" e "Arsenale", da me già personalmente recensiti. "Zvenigora" è il primo dei film da lui diretti ad avere avuto un vero impatto cinefilo e ad averlo imposto all'attenzione generale, realizzato immediatamente prima de "L'arsenale" e "La terra", con cui secondo alcuni esegeti forma una cosiddetta Trilogia, e sicuramente ci sono diversi punti di contatto. Si tratta di un'opera di non facile lettura, per certi versi alquanto intellettuale nel rivendicare al cinema il ruolo di custode di una tradizione nazionale, esemplificata nella pellicola dal tesoro degli Sciiti custodito in diverse epoche dall'anziano Nonno, un ruolo che Dovzhenko abbraccia con un fervore che viene trasmesso ancora oggi allo spettatore, che pure conosce le distorsioni e gli inganni operati dallo Stalinismo pochi anni dopo la realizzazione di questi film.
Non credo sia questa la sede per esporre la trama del film, anche perché non c'è una vera e propria trama, ma consiglio a chi voglia visionare il film di leggere magari un riassunto in anticipo, perché "Zvenigora" ha una linea narrativa estremamente vaga e frastagliata, sospesa fra diverse epoche e diversi episodi che talvolta creano qualche confusione e lasciano qualche dubbio, ma si tratta di un film che sposa i principi delle avanguardie dell'epoca che già avevano prodotto i capolavori di Eisenstein e Pudovkin, che furono fieri ammiratori dell'opera.
Un film avanguardista, antinarrativo, fieramente rivoluzionario (il Nonno ha due nipoti, uno bolscevico e uno controrivoluzionario, di cui il primo interpretato da Semyon Svaschenko che appare anche nei due capitoli successivi della Trilogia), che nei flashback del passato sembra rifarsi soprattutto alla lezione di Griffith e di alcuni episodi di "Intolerance", mentre nella parte al presente si avvale di un montaggio vorticoso di derivazione eisensteiniana, con una cura formale eccellente delle singole inquadrature, di cui molte potrebbero figurare in "Ottobre", uscito lo stesso anno. Complessivamente meno risolto a livello di stile e con qualche squilibrio in più rispetto ad "Arsenal" e "La terra", "Zvenigora" resta però un frutto interessante e ancora valido delle potenzialità filmiche di Dovzhenko, con riuscite iniezioni del suo tipico panteismo fiabesco che guarda con stupore alla Natura, agli animali e al lavoro degli uomini in una dimensione lirica che poi sarebbe stata cancellata dal cinema del Realismo socialista, ma che sarebbe stata ammirata, non a caso, dal discepolo Tarkovskij. In un'ottica storicista "Zvenigora" colpisce per la presenza di conflitti sociali e rivoluzionari che un secolo dopo, ai tempi del conflitto fratricida russo/ucraino, sembrano soltanto un vago ricordo di un passato ormai sepolto.
Voto 8/10
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