Regia di Lucio Pellegrini vedi scheda film
Alcune persone di mezza età, delusi e arrabbiati per le iniquità della società italiane, decidono di rapire un ministro per poi chiedere il riscatto; nella concitazione dell'azione, però, prendono l'uomo sbagliato, un politico di second'ordine, che si rivela essere molto migliore dei personaggi di spicco. Essendo dei "dilettanti allo sbaraglio", la situazione sfugge loro di mano, e sono costretti a rifugiarsi in una località sulle Alpi, dove sempre più persone vengono a conoscenza del misfatto. Una commedia, a tratti amara, che accende i riflettori non solo sulle ingiustizie sociali ma anche sulla blanda risposta che l'uomo medio italiano dà alle medesime, animato spesso da qualunquismo e in realtà non così disagiato quale crede di essere. I protagonisti della vicenda sono infatti un professore costretto a lavorare nella ristorazione; un operaio che ha vissuto il dramma di una morte bianca; un - presumibile - disoccupato che vive nell'ombra della coniuge benestante; una donna anch'essa segnata più da travagli sentimentali che da difficoltà economiche, e infine un personaggio ombroso, appena uscito dal carcere, il quale, incapace di reinsirsi nella società, pianifica il rapimento per aiutare economicamente la famiglia del figlio, senza preoccuparsi delle conseguenze per sè. Persone tormentate, insoddisfatte della propria vita; ma certamente non povere. Da queste premesse, l'azione del rapimento non può che essere mal progettata, mal realizzata e soprattutto mal gestita. Il film è poco realista, sopratutto nell'ultima parte, quando un intero paese, ridotto in povertà dall'interruzione dei flussi turistici, diventa complice dei rapitori. Buone le potenzialità del film, ma disastroso il montaggio, e con gravi buchi nella sceneggiatura. Molti dettagli della vicenda non sono spiegati; rimangono a libera interpretazione dello spettatore. L'alterazione dell'ordine temporale dei fatti porta altra confusione; non è infatti chiaro se alcuni eventi si verifichino prima o dopo il rapimento. Lo stesso ruolo di alcuni personaggi rimane a lungo oscuro. Anche a conclusione della storia, molte questioni rimangono in sospeso. Tutto ciò rende difficile la visione e lascia un senso di amarezza per una buona occasione sprecata. Tra gli attori, bravo Battiston - epico nella scena finale nella quale egli si dichiara "prigioniero politico", quale fosse la missione della propria vita, spesa seguendo un'ideologia ormai ridotta a vuota retorica. Fuori ruolo e poco spontaneo Pierfrancesco Favino, che è fatto parlare con un improbabile accento "burino". Tra scenografie ed ambientazioni, evocativa quella del paese sulle Alpi con le sue strutture destinate al turismo ormai vecchie, desolate, sgradevoli alla vista e ormai fuori dal tempo. Un film riuscito a metà, ma comunque degno di visione per le idee che veicola.
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