Regia di Erik Gandini vedi scheda film
Ci sono fatti di cronaca, feste,  festini, andirivieni come quelli recenti che meritano un  approfondimento. E ciascuno approfondisce come può, come vuole e com’è  più consono ai suoi mezzi, ai suoi gusti, al suo stile di vita, alla sua  professione.
Il giornalista approfondisce con  un’inchiesta, il magistrato con un’indagine, il professore con una  lezione, il cineasta con un documentario.
Infatti, il documentario è un film il  cui scopo è quello di diffondere la conoscenza di fatti o aspetti  culturali, sociali, politici, scientifici.
Il documentario, quando non è  divulgativo, è artistico. Ciò significa che non rappresenta  asetticamente la realtà, ma si propone di rivisitarla da una prospettiva  precisa, allo scopo di creare una coscienza all’interno dell’ampio  spettro di pensieri e dibattiti in corso nella società. E, con ciò,  sembrerebbe calzare a pennello la definizione inversa che classifica  tutti i film come documentari.
Ma non è questo il nostro caso. Oggi, a  noi non interessa un film che documenti la vita, ma un documentario che  filmi gli usi, costumi e abusi della televisione. Un documentario che  tratti l’argomento dell’influenza che la tv italiana esercita sulla  formazione del pensiero degli spettatori – cittadini – elettori.
Di questo si occupa Videocracy – Basta apparire, di Erik Gandini.
Videocracy parte dalla constatazione che, ogni giorno, centinaia di persone si presentano alle sedi delle televisioni del presidente. Perché?
«Quando sei in televisione è come se fossi dieci gradini sopra gli altri».
Si tratta di gente comune e a tutti viene data una possibilità, ma quale?
Lele Mora,  uno dei più affermati agenti della televisione in Italia, grande amico  del presidente, ospita a rotazione continua nuovi e vecchi talenti della  tv nella sua casa bianca. Li chiama amici, ma non sono quelli della De Filippi.  Sono, piuttosto, una sorta di ornamento da bordo piscina, come i nani  da giardino che si usavano una volta. Lui trasforma persone normali in  star della televisione. Quando si muove per la strada, incontra un sacco  di persone che lo vogliono toccare, quasi fosse un taumaturgo, uno che  può fare cambiare le loro vite da un momento all’altro, un mago che li  guarisca dalle malattie dell’anonimato e della povertà.
Lui è un mussoliniano convinto, usa gli inni del ventennio come suoneria nel suo palmare.
E quando lo toccano, lui si sintonizza. Se qualcuno trasmette qualcosa di interessante, lui lo sviluppa. Al presidente deve parecchio, perché gli ha permesso di lavorare nei suoi canali.
Ogni estate, l’élite politica e  televisiva si ritrova in Costa Smeralda, dove il presidente possiede la  villa più grande. Nella sua villa c’è un grandissimo parco con un  vulcano che – tramite un marchingegno che lui può comandare a piacere -   erutta fuoco, fiamme e lapilli. E lui si diverte.
Lui, il presidente, ha anche un  labirinto dove fa entrare i suoi ospiti. E, se si perdono, lui si  diverte ad andarli a recuperare.
In Sardegna ci sono feste continue: al club Billionaire, per esempio. Il patron Flavio Briatore,  ha l’incarico solenne e il grande privilegio di scegliere ogni anno –  compito che svolge con grandissima professionalità – una giovane donna  che potrà fare per due settimane le meteorina, godendo così di  un periodo di notorietà, che poi dovrà sfruttare al massimo per  proiettarsi verso il successo. Cosa non di poco conto, dato che al  presidente piace scegliere le candidate in politica anche tra le  showgirls.
Il  presidente ogni tanto appare: qualche volta in completo bianco e  camicia col collo aperto stile missione a Cuba, oppure con camicia  bianca e maniche arrotolate in pendant col collega russo suo  grande amico – perché la politica è un fatto tra amici e non  necessariamente tra capi di Stato – o con la bandana, perché «lui è  quello che è, ama la vita e le cose belle». Infatti, divertendosi e  offrendo divertimento è diventato l’uomo più ricco del paese.
Agli occhi della gente comune, sono loro  l’élite che comanda il Paese. E non esiste distinzione tra vip e  politici. C’è solo l’immagine di persone che possono trasformare la  vita. In meglio o in tv? Non vi sembri una domanda assurda: la domanda è  esattamente formulata, per capire se possa esistere un’identificazione  tra uomini e televisioni.
Il regista del Grande Fratello, Fabio Calvi,  svela che il segreto dei programmi televisivi consiste in un sapiente  mix di «donne prosperose e scoperte, seni grossi, benessere, luci,  colori, una compenetrazione molto forte tra lui personaggio e  la televisione che ha prodotto: la vita, infatti, può essere  meravigliosa come la televisione, piena, colorata, più squillante».
Questa compenetrazione, quasi  consunstanziale, rappresenta un’immagine perfetta. E nell’immagine  perfetta c’è potere. Così succede che anche avere le immagini del potere  conferisca – a sua volta – potere.
Così – per quanto assurdo possa sembrare  – capita che, chi scatta foto, decida di non venderle ai giornali, ma  ai diretti interessati come faceva Fabrizio Corona.
Di lui, Lele Mora dice che «è una persona con dei principi sani, che ha delle belle qualità».
Uscendo  dal carcere, Fabrizio Corona potrà finalmente diventare anche lui un  personaggio famoso e potrà arringare il popolo dei teleguardoni con la  sua retorica intrisa di alta filosofia: «In questi ottanta giorni ho  subito attacchi vergognosi, mi sono sentito ostaggio dello Stato. Tra  poco sarò libero e saranno cazzi amari per tutti».
E, infatti lo sono: Lele Mora stesso pensa che, questa inchiesta su Corona, sia diventata soltanto pubblicità gratuita.
Lui stesso, Corona, sostiene di «essere diventato una specie di Scarface, un simbolo un po’ negativo, però al quale la gente si ispira per diventare come lui: cinico, spietato, un Robin Hood moderno che ruba ai ricchi per dare a se stesso».
Lui  è convinto che tutte le leggi italiane siano sbagliate, che l’unico  vantaggio della politica sia l’immunità parlamentare, che l’importante  sia «prendere il potere e fare i cazzi propri», che la gente  non ascolti quello che lui dice, ma che guardi al personaggio, che se  vuoi andare avanti devi fare delle cose che non vanno bene, ma con lo  scopo nobile di ottenere un risultato. Ovvio no? Come non averci pensato  prima?
E in questo scontro tra poteri  televisivi e poteri fotografici c’è il paparazzo che immortala la figlia  del presidente, che telefona al suo ufficio stampa e che gli vende le  foto per ventimila euro.
Ma c’è anche il presidente che è il più  furbo di tutti (sennò che presidente è?) e che, poco dopo, manda le foto  appena comprate alle riviste di sua proprietà. Così, attraverso le  vendite di queste, può guadagnare una montagna di soldi con un  investimento minimo e fatturato di appena ventimila euro.
D’altronde chi è più furbo di chi? Chi comanda chi? Chi decide cosa mostrare, quando come e perché?
D’altronde, chi c’è in Italia che può paragonare la sua storia personale, quanto a successi, al tele-presidente?
Senza  la televisione non puoi fare niente. L’ottanta per cento degli italiani  usa la tv come principale fonte d’informazione. Da casa la gente ti  vede e diventi popolare. Popolare lo diventa chiunque, basta apparire,  basta ballare, basta cantare. Almeno, se non ci riesci, puoi sperare che  ti passa.
«C’è un grande sogno che vive in noi.  Viva l’Italia, l’Italia che ha scelto di credere ancora in questo sogno.  Presidente, questo è per te. Meno male che Silvio c’è».
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