Regia di Luigi Zampa vedi scheda film
Andrea Morandi interpretato da Josè Suarez appena dopo "La Sfida", è il tipo di magistrato che forse ci vorrebbe, fosse mai esistito o davvero esistesse, in Italia.
Quello che certamente esiste da sempre e sempre esisterà, è la rigida divisione in classi socioeconomiche dell'Italia-qui lungimirantemente attualizzata, ambientando la vicenda nell'Italia del boom economico tra i '50 e i '60, e che tale non è mai stato per tutti, come quello attuale dai milioni di esclusi ma tanto propagandato dai media asserviti della destra ultraliberista-, facendo Zampa del suo film dal tono mesto e dimesso di ambientazione genovese tra piccolo borghesi già in erosione economica e decadenza, portuali disperati-come non certo mai sono stati quelli labronici-, una opera cinematografica che come spesso accaduto per le sue regie, ha perso ben poco di tragica attualità, triste realtà.
La "tascabile" e giovane(ma non diciassettenne come per il ruolo) Sassard nel ruolo della vera protagonista-ovviamente doppiata-, mostra tutti i patemi morali e di animo nel sacrificarsi con un uomo da lei non sentito minimamente e molto più adulto, un tipico maneggione di successo e ricchezza personali, quando viviamo in epoche nelle quali impera l'economia ma specialmente del tipo "zona grigia"(Massimo Serato, perfetto per questo tipo di ruoli), per aiutare l'economia familiare borghese ma disastrosa. Come avrà ad attivarsi ma senza credo mostrare altrettanta sofferenza nella vita reale, sposandosi al solito miliardario, come uno dei Lancia delle omonime automobili.
Tragica e con accenti di verità non didascalici come si legge da altre parti, la trama dell'istruttoria giudiziaria del magistrato Morandi al porto di Genova, per l'uccisione preteritenzionale e dettata dall'esasperazione, di un caporale degli scaricatori di porto quando ancora non erano entrati nel lavoro container e meccanizzazione. Ottimo seppure in una parte di sfondo Maurizio Arena, il giovane portuale dai buoni e giusti principi e che si vorrebbe soltanto sposare con la fidanzata(una giovane Cardinale), ma viene stritolato da una società in cui conta soltanto guadagnare.
E superbo François Perier, il padre di famiglia Bonelli, forse mediocre e poco capace ma almeno onesto di principi e mal piegatosi ad un sistema in cui bisogna saper vendersi e sopraffare, togliere spazio agli altri con lavori poco onesti nelle assicurazioni marittime di carichi contrabbandati, anche per poter assicurare i nascenti "consumi a rate" alla moglie e in famiglia, come la nuova tv. Nulla cambia, di nuovo che la storia finisca o meno, agli albori come nel pieno eccesso di adesso, di queste società consumistiche occidentali, come pure quella italiana che vi è pienamente incistata. Forse è esagerato il finale della famiglia Bonelli, che però ritroveremo senza troppe differenze anche per la famiglia ricca degli Steiner, ne "La Dolce Vita".
Non ravviso populismo o demagogia nella sceneggiatura di Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa, nè granché didascalismi in questo film di Zampa, pienamente inserito nella sua narrativa di realismo civile e di quegli anni, nè tantomeno affondare nel facile melodramma, ma anzi, una acuta capacità che gli era personale caratteristica stilistica, nel saper delineare con maestria e incisività già la decadenza e il distruttivo -verso tutti coloro che non sono dei rettili senza sangue caldo- marciume del lavoro e dell'economia di un mondo che la propaganda di chi a cui va tutto bene e non potrebbe essere altrimenti, vuole farci apparire tutto raggiante, senza lontanamente poterlo essere. Un affresco familiare e una cronaca giudiziaria del lavoro nell'Italia del 1959. Che si rivolge ancora più chiaramente a quella del 2019, e in maniera netta del 2025.
Fotografia di Gábor Pogány e montaggio di Mario Serandrei, di prim'ordine.
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