Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film
La summa del Coen-pensiero, l'apologia del loro e dell'altrui cinema e la morte del "paese" in cui viviamo, che non ha confini, perchè il più prossimo è vicino e si oltrepassa con facilità, tanto questo schifo di mondo è tutt'uno. Capolavoro, puro e crudo. Sangue, soldi, fughe, mitra, morti ammazzati e inconsapevoli, morti come cani, cani morti ammazzati, carogne da vivi, carcasse che camminano, che si ostinano a lottare, senza un perchè, senza una meta, e chissè se c'è davvero, poi, una meta in questa vita livida, succube dell'atroce gioco del destino, beffardo, assurdo, a volte giusto, forse ingiusto, chi lo sa. Un film "sospeso" come noi, retto su morali e archetipi vecchi come il mondo e proprio per questo lancinante e trementamente attuale, claustrofobico in spazi aperti, arioso in anguste camere di un motel, sorta di melodramma-thriller dell'arbitrio umano, parabola dove si decide la vita con una moneta, si spara con l'aria compressa, ci si scontra per sbaglio e per fatalità, ma non ci si incontra mai. Ma sempre ci si fa del male, sul serio. Romanzo-origine robusto come un tronco centenario, sceneggiatura da urlo, regia sopraffina, facce e battute taglienti come lame, come un coltello che ti taglia da un'estremità all'altra della bocca mentre ridi e pensi che chissà se stavolta ce la fai. Non è questo più un mondo per vecchi, dannazione. Non è questo più un mondo al sicuro, dove non si ringrazia e non si chiede scusa più, dove si sopravvive, fino alla prossima, che chissà quando accadrà. Chi insegue chi, chi trova chi, chi cerca cosa: domande senza risposta. Ci rimangono soltanto i sogni, e pure quelli, chissà per quanto. Oscar. Plauso. Ovazione. E, azzardiamo, pietra miliare su tante cose. Anche su di noi. Tombale. Ma memorabile.
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