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Mandinga

Regia di Mario Pinzauti vedi scheda film

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La recensione su Mandinga

di mm40
3 stelle

Nella Louisiana schiavista un bianco violenta una schiava di colore, che dà alla luce una bambina bianca. Passano gli anni e quella bambina è diventata una donna, di sangue insospettabilmente per metà africano.

 

Il colpone di scena sta tutto nel finale che, pretestuosamente, spiega come Mandinga non sia affatto una scopiazzatura o un vago sequel del successo americano Mandingo (Richard Fleischer, 1975), bensì… il suo prequel. Meglio fermarsi qui per non spoilerare e rovinare la visione di questa intrigantissima pellicola. Al di là dell’ironia, Mandinga non è affatto un lavoro così brutto o tirato via come ci si potrebbe legittimamente aspettare: sfrutta la scia del film di Fleischer, è vero, ed è realizzato da un mestierante che non è proprio una garanzia di qualità come Mario Pinzauti; oltretutto nel cast non compaiono nomi particolarmente degni di nota (gli interpreti principali sono Antonio Gismondo, Maria Rosaria Riuzzi, Serafino Profumo, Paola D’Egidio). Eppure la storia ha una sua linearità e quel finale più o meno a sorpresa rivaluta un minimo lo spessore della trama, abbastanza ridotto per il resto come si sarà già intuito; la visione non risulta perciò pesante, quantomeno non quanto le aspettative promettevano. Per Pinzauti è la penultima regia: la sua carriera dietro la macchina da presa terminerà l’anno successivo con Clouzot & c. contro Borsalino & c.; quanto alla sceneggiatura di questo lavoro, pur non comparendo nessun relativo credito sui titoli della versione reperibile su YouTube attualmente (agosto 2025), in rete viene indicata l’autrice in Tecla Romanelli. 3/10.

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