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Little Miss Sunshine

Regia di Jonathan Dayton, Valerie Faris vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su Little Miss Sunshine

di Andreotti_Ciro
8 stelle

La famigliaHoover è decisamente fuori da qualunque schema di normalità, o quasi. Richard, il capo famiglia, è autore di: “La teoria dei nove passi”, manuale che spiega come raggiungere il successo ma che ancora attende di essere pubblicato. Frank, suo cognato, è docente universitario, appena uscito dall’ospedale per un tentato suicidio. Dwayne, il figlio maggiore, desideradiventare pilota di aerei e ha deciso di rimanere muto fino a quando il suo desiderio non si avvererà. Edwin, Il padre di Richard, cultore del sesso e delle sostanze stupefacenti e per questo espulso dalla casa di riposo nella quale risiedeva. E per finire Olive, la figlia minore, con un desiderio di affermarsi in un concorso di bellezza per ragazzine, ma è spingendo un furgone e uscendo da situazioni ai limiti del catastrofico che gli Hoover scopriranno, o riscopriranno, finalmente cosa sia la collaborazione fra consanguinei e il senso di famiglia, in una maniera decisamente più efficace rispetto a mille commedie strappalacrime, o tragedie famigliari nel tentativo di gestire una serie di situazioni disperate.

 

Questo è il sunto del film diretto a quattro mani dai coniugi Valerie Faris e Jonathan Dayton al loro esordio sul grande schermo dopo anni a girare clip musicali per R.E.M., Oasis e Red Hot Chili Peppers. Esordio che all’epoca passò quasi del tutto inosservato ma che a distanza di breve tempo, grazie anche all’arrivo dell'altrettanto particolare famiglia Gallagher, protagonista di Shameless (id.; 2011 – 2021), prima successo britannico e successivamente mondiale,seppe essere rivalutato, grazie al perfetto mix di risate e riflessioni profonde. Trasformando un road movie in chiave tragicomica, come solamente i primi Aldo, Giovanni e Giacomo erano stati in grado di rappresentare, in qualche cosa di ampiamente differente perché capace di farci riconsiderare sotto una diversa luce i legami affettivi, senza però ridere a crepapelle ma sorridendo per situazioni e dialoghi ai limiti del parossismo. Arrivando alla conclusione della pellicola non senza qualche groppo alla gola e non senza aver pensato che tutto si stesse per sfaldare.

 

Ma spingere quel furgone per farlo procedere lungo le freeway diviene sinonimo di collaborazione. Perché ognuno sacrifica un po’ di sé per giungere a destinazione con un processo catartico alla fine pressoché completo. Con una famiglia che non è certamente sinonimo di perfezione ma che riesce a riscoprirsi più unita, almeno negli intenti comuni, rispetto a quando era partita.

 

Cast di primissimo livello nel quale Steve Carrell nel ruolo di Richard e Alan Arkin, in quello di suo padre Edwin, vero elemento entropico della famiglia e centrale rispetto al rapporto con Olive, svettano meritatamente su tutti gli altri. Una sceneggiatura priva di sbavature completa e aiuta uno dei film fra i più piacevoli, profondi e al tempo stesso fra i meno inquadrabili, delle ultime decadi, che piacerà e molto a chi adora le tragicommedie a sfondo famigliare e piene di riflessioni importanti.

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