Regia di Eli Roth vedi scheda film
Accompagnato fin dalla sua uscita statunitense da una “violenza” mediatica e da un passaparola insistente che dipingeva questo “Hostel”, 2° regia del giovane Eli Roth, come una sorta di incubo insostenibile a metà tra lo snuff movie e il sadismo più perverso, rivelatosi poi un normalissimo horror di nuovo millennio che non punta molto allo splatter, né al più basso voyeurismo, ma cerca anzi di rifarsi ai modelli politici degli anni ‘60/’70 e al cinema orrorifico/onirico del Giappone (non a caso cameo di Takashi Miike). Per la prima mezz’ora succede poco o nulla con i protagonisti ridotti a poveri imbecilli di strada chiusi tra un locale a spinellarsi e a una camera da letto a divertirsi. Poi piano, piano cresce la tensione, il mistero incomincia a infittirsi fino a che la macchina da presa non ci mostra con gli occhi di un giovane malcapitato cosa sia il vero orrore. L’atmosfera cupa e sgradevole delle sale di tortura sembra essere uscita dalle fotografie del carcere di Abu Grahib, così come l’iconografia neonazista di alcuni personaggi e soprattutto del giovane sopravvissuto propugnatore di vendetta rimanda agli atroci crimini della Guerra. Un film quindi che non regala facili soluzioni, ma che guarda in faccia alla Storia e al nostro presente violento e degenerato. Non propriamente riuscito, ma interessante. Voto: 6.
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