Regia di Mario Gariazzo vedi scheda film
Un rapinatore in fuga col bottino si nasconde in una bara, sperando di passare il confine lì dentro. Invece ne esce solo per ritrovarsi chiuso dentro a una cella frigorifera. Non senza fatica, architetta un piano di evasione, ma la strada verso la libertà è ancora lunga e complicata...
Di questo Lasciapassare per il morto si possono dire cose positive e altre meno; innanzitutto va valutato il suo status di opera prima, deducibile da qualche ingenuità registica, ma nulla di più. Mario Gariazzo esordisce così nel cinema di genere, in cui sguazzerà per i successivi tre decenni licenziando spaghetti wester, horror, gialli, melodrammi e sostanzialmente qualsiasi tipo di pellicola pur di campare – ottenendo risultati certo modesti, ma non disastrosi. In effetti qui il Nostro confeziona un discreto thriller suddiviso in tre sezioni abbastanza nette (principale difetto): una prima parte movimentata e 'corale', una seconda all'interno della cella frigorifera con il solo Alberto Lupo al centro delle vicende e una terza lievemente più dinamica e variegata, che porta alla sconsolata conclusione della pellicola. Il soggetto è dello stesso regista, che cura anche la sceneggiatura insieme a Carlo Ferrero e Gennaro Arendo, con supervisione di Jean Josipovici; bene il ritmo alto del primo segmento, che è però quello meno originale di tutto il lavoro, atto a dar vita a quanto segue. Nel cast, oltre al citato Lupo (mai adeguatamente sfruttato al cinema, va detto), Helene Chanel, Erno Crisa, Piero Lulli, Paul Muller e Linda Christian. Gariazzo approderà alla sua seconda regia solamente sette anni più tardi con Dio perdoni la mia pistola (1969). 4,5/10.
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