Regia di Otto Preminger vedi scheda film
Il primo simbolo di una nazione,quello in cui i principi trovano l’espressione più trasparente,è anche quello che si presta ad essere contraddetto,ad attrarre su di sé lo sporco atmosferico dei giochi di potere:sarà per questo che Preminger apre Tempesta su Washington con lo sventolio della bandiera americana,come se fosse,appunto,il valore millantato dai senatori mentre viene usata come scudo per interessi che con la nazione c’entrano poco.
Questa volta Preminger è meno padrone della storia,il suo affresco,perché tale vuole essere,della ragnatela di interessi che è alla base della politica accorpa un po’ dispersivamente le frasi di chi si fa portavoce di un Paese con le vicende private,e nonostante l’inappuntabile abilità con cui inanella una serie di scene diversamente efficaci,con l’evolversi della storia il suo atto d’accusa si attarda in uno stile un po’ lasco,qua e là declamatorio,e non si fa mai definitivamente assertivo.
La storia malinconica del triste Presidente che affretta l’elezione di un senatore sulla cui trascorsa condotta politica si scaglia la malevolenza di una classe politica,ed in particolare di un senatore interpretato con diabolica sonnolenza da Laughton,avrebbe coperto e giustificato l’intero sviluppo del film se non si fosse privilegiata la diramazione in troppe sottotrame,facendo di Leffingwel un personaggio che diventa di contorno,un tramite per ispirare quadri privati e pubblici di ineguale consistenza.
Da ciò la sensazione di una spaccatura che si ribella a ritornare ad un sola trama,creando due film distinti che vanno di pari passo e si evitano per le oltre due ore di durata,anche se,nella sua astuzia,Preminger è sempre capace di non farle pesare.
Anche un film forse sopravvalutato ma molto serrato come Anatomia di un omicidio,con tutta la sua autoindulgenza,nel racconto circostanziato di una vicenda privata era più riuscito e in alcuni momenti ispirato,adoperando le risorse di un sistema giudiziario messe in discussione proprio nel momento in cui le si sfruttava,esattamente come Tempesta su Washington fa un percorso contrario,restando perplesso sulle motivazioni che alimentano le azioni degli esponenti cui questo senso di giustizia dovrebbe fare riferimento.
La paludata realtà individuale di tutti i personaggi,più impegnati a discutere lontano dalle sedi deputate che non all’interno di esse,rende un po’ stentato il ritmo,in cui alcune vicende vengono risolte con una certa goffaggine:si veda,a proposito,la sbrigatività con cui Preminger affronta il timido calvario del giovane Anderson,vinto da una vergogna che non ha motivo d’essere.
L’impressione più costante è che risulti più un film in cui l’immagine del produttore( e Preminger lo era di sé stesso già da molto tempo) e le sue ingerenze abbiano prevalso sulle ragioni della regia e che,in questo caso,l’indomito austriaco si sia preso un po’ sul serio,non che questo sia completamente sbagliato per una storia del genere.
Emerge,come sempre,la singolare attenzione di Preminger nei confronti degli attori:in un cast virile scelto con una varietà di volti molto intelligente,si afferma Burgess Meredith con un personaggio di una sofferenza schiacciante,irrisolvibile;e fa piacere ritrovare il bel viso toccante di Inga Swenson,impaurita e vibrante come sarebbe stata in quello stesso anno in autentico capolavoro come Anna dei miracoli.
A questi nomi si aggiunga,anche se in ruolo davvero troppo breve,l’indimenticata Gene Tierney,che Preminger tiene quasi nascosta da una fotografia di ovattata cupezza,lei già usurpata dei toni più delicati della sua bellezza.
Come capita spesso,anche questo film di Preminger si chiude con un finale secco,e con un silenzio decisivo che azzera ogni decisione presa in precedenza;ed è un gran pezzo di cinema quella sala dei congressi che a poco a poco di spopola,disertata da quei valori che nemmeno la bandiera può davvero rappresentare,enorme lenzuolo che serve per coprire l’ultima vittima di una giustizia che non è stata tale nemmeno per un attimo.
Uno squalo apparentemente arenato sulla battigia che potrebbe ingannare chiunque,l’assassino con le mai pulite a cui tutti potremmo stringere la mano:Laughton è la monumentale personificazione di emissario del Male,un uomo che sembra non aver mai conosciuto la giovinezza.
Leffingwell sembra più un tributo alla sua severa grandezza d’attore,e lui concede il risentimento e la cautela che gli conosciamo a quest’uomo che può essere a suo agio solo nei luoghi illuminati da una vera luce.
Il vero protagonista del film,elegante,ironico e mai completamente sorpreso,un giocatore che si siede al tavolo senza che lo si pensi mai dipendente dall’esigenza di barare.
Alle prese con il personaggio meno essenziale del film,il Beauregard di Fermata d’autobus mostra l’impegno di renderlo credibile e non compatibile.
Anche in opere meno riuscite come questa,Preminger ha dalla sua la testardaggine di chi ama scoperchiare la fallibilità delle istituzioni e delle situazione che in esse maturano,anche quando sceglie uno stile in cui l’estensione,l’ampiezza dell’impianto narrativo ne supera l’effettiva necessità.
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