Regia di Giuliano Montaldo vedi scheda film
"No Vittorio, non è solo il momento in cui pensi di prendertene una. E' al dopo che devi pensare. Perchè quell'uomo là fuori che te nemmeno conosci, sarà già morto quando te decidi di uscire portandoti fuori una pistola.
Vittorio Mezzogiorno/Saverio
"Manfredi che impiomba Mario Brega che gli vuole dare fuoco con la benzina, in voce off parlando di balistica della quale i criminali "non sanno un cazzo", è istantaneamente di culto. Peccato il film perda forza e diventi troppo ostentamente tragico e al contempo melodrammatico, dopo la repentina uscita di scena del poliziotto Saverio/Vittorio Mezzogiorno
Manfredi sempre perfettamente in parte.
Nella seconda parte, di una incredibile cupezza e tristezza, diventa quasi uno spaccato degli anni di piombo di incomparabile efficacia, visiva e atmosferica, sarà grazie anche alla produzione della Rafran di Leone, Mancini e Morsella, e ad una pugnace sceneggiatura(da cui le citazioni continue da appassionati di western, di "Per qualche dollaro in più", "Giù la testa", "Il Buono, il Brutto, il Cattivo", che erano "film ben fatti e con cura'' secondo lo stesso Barletta) dal titolo "westerniano" di Sergio Donati, "...E io mi faccio la pistola", perdendo però lo stesso il confronto sul finale con il contemporaneo e meno pretenzioso -quasi scontato, banale dirlo, dai numerosissimi punti in contatto-, "L'Arma", di Pasquale Squitieri.
Regista napoletano che aveva forse- sicuramente a livello personale- maggiore dimestichezza con il mondo delle armi di difesa e ciò che comporta il possederne una, senza tirarsi dietro quindi ad un finale di violenza e catartica esplosione contro tutti coloro che hanno portato il protagonista Vittorio Barletta/Manfredi, all'esasperazione e alla rovina, quindi rivoltando la stessa arma contro i veri delinquenti-ben peggiori pure dello Slavo/Giovanni De Nava, e Mario Brega il suo scagnozzo, che almeno da veri gangster mettono la loro vita in gioco negli scontri a fuoco-, come l'industriale-faccendiere con le società intestate al povero ragioniere per sottrarle al fisco, conti segreti all'estero e i miliardi da portare continuamente in Svizzera e Lussemburgo, un Arnoldo Foà/Ing. Nicola Grifo, in una versione fintamente amicale e cameratesca del protagonista, in realtà spregevole e solamente repellente.
Questa era infatti la vera scelta per il finale di Nino Manfredi, diversa fu invece l'opzione di Montaldo, che scelse un finale di tragedia familiare alquanto forzoso e dal troppo enunciato di parabola contro le armi, e ogni loro tipo di utilizzo/possesso, che non può portare che al male. Scontato, anche doveroso e giusto da qualsiasi parte lo si voglia vedere, ma che priva il film di un finale più ambiguo e rischiosamente stimolante, il che dispiace visto l'alto livello d'insieme di ogni sua parte, e della sceneggiatura vista in precedenza, oltre che a sapere troppo di "falso moralismo e buonismo sinistrese" dalle parti del PCI(non certo di quella parte della sinistra extraparlamentare che predicava eccome, l'uso della violenza armata a mezzo e per fini politici) di cui d'altronde Montaldo faceva parte, e Squitieri certamente no.
Bella e veritiera la parte con il magistrato manettaro (Ro)dolfo Marcenaro, si proprio lui, che stranamente per essere tutti di sinistra, mostra bene quanto sia facile finire in galera in Italia, soltanto per avere una volta nella vita avuto coraggio, e fatto ciò che era giusto. Non difficile ma comunque ammirevole tutta la rappresentazione del mondo dei media sempre alla ricerca di una nuova sanguinosa strage politica, nella quale rotolarsi, e ben presto disinteressata a sparatorie, rapine, e minacce di uccisione che travolgono la vita del ragionier Barletta, giornalisti ben rappresentati come spesso accadeva nel cinema italiano da una vera del mestiere come Patrizia Carrano, Arnaldo Ninchi, e nella scena all'ospedale persino da Enrico Oldoini.
Daniele Formica in piccola apparizione come direttore del poligono, ottimo interprete caratterista e doppiatore, che dovrebbe essere maggiormente ricordato.
Piccola apparizione di Lory Del Santo per chi ha l'occhio lungo per le belle mone, al ristorante come ragazza dello Slavo.
Buona colonna sonora di Ennio Morricone.
Ted_Bundy1979
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