Regia di Bruno Baratti vedi scheda film
Madre di due figli ormai adulti, ma donna ancora piacente, Paola è sposata a un ricco imprenditore e fa una vita completamente borghese; il vento del cambiamento però la contagia e Paola comincia a frequentare i giovani contestatori, adottandone la mentalità e scioccando di conseguenza marito e figli. Ma era davvero questo che la donna voleva?
Attivo come sceneggiatore fin dai primi anni Cinquanta, il semisconosciuto Bruno Baratti approda dietro la macchina da presa solamente nel 1969, con La donna a una dimensione. A quanto ne si sa in rete, la sua carriera termina qui, pur avendo dinanzi ancora oltre mezzo secolo di vita (Imdb indica il 31 dicembre 1996 come sua data di morte). Va detto subito che la pellicola non si discosta granché dalla risma di opere coeve incentrate sul tema della contestazione, della ribellione al capitalismo, dell'avvento del marxismo nelle scuole e nelle piazze; l'origine intellettuale (o intellettualoide) del film è inoltre evidente dal riferimento aperto nel titolo all'Uomo a una dimensione tratteggiato da Marcuse nel suo saggio del 1964. Allo stesso modo in cui l'uomo moderno secondo Marcuse non trova sbocco né nel capitalismo, né nel comunismo, ecco che Paola, la protagonista della pellicola, da quintessenza della donna borghese passa in breve tempo dall'altra parte della barricata, per scoprire che neppure nella rivoluzione delle masse proletarie c'è realmente quel che cerca. Ma raccontare il film in questo modo significa prenderlo fin troppo sul serio, poiché nel copione che Baratti scrive insieme a Sergio Bazzini (da un soggetto dello stesso regista e di Massimo Mida) tutta questa sostanza viene estremamente semplificata e messa in scena con una chiara volontà di scandalizzare e provocare (anche la censura, allora piuttosto attiva, ma più in generale il pubblico) anzitutto. Françoise Prevost funziona a dovere come protagonista, mentre nei ruoli dei figli troviamo Gabriella Boccardo e Massimo Farinelli, con Isa Miranda, Rate Furlan e Oja Kodar (compagna di Orson Welles) in parti laterali; Lando Buzzanca compare mentre esegue uno sketch del suo repertorio in tv e viene per questo accreditato nei titoli di testa (!). Poco meno di cento minuti di durata, ma ci si comincia a chiedere quando finirà anche prima di arrivare a metà della visione. 2,5/10.
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