Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film
BRUTTI E CATTIVI--Chi non ricorda l’incubo delle bottiglie di acqua minerale avvelenate attraverso un forellino negli scaffali dei nostri Supermarket? Supermercati e aeroporti sono il cuore vulnerabile del sistema, il bersaglio preferito dei suoi vari nemici. Cinema, letteratura e paraletteratura si adeguano e popolandoli di terroristi in azione vi ambientano le loro storie di suspense, ma ne fanno spesso anche oggetto di riflessione(“The terminal”di Spielberg ) o di satira, come ne “Il paradiso degli orchi” di Pennac, uno degli scrittori contemporanei più ricchi di inventiva, dove tra gli scaffali del Grande Magazzino scoppiano bombe in mezzo ai giocattoli. Da questo punto di vista dunque il Centro Commerciale immagine metaforica della società attuale, caratterizzata da consumismo sfrenato e culto dell’apparenza, in “Crimen perfecto” dello spagnolo de la Iglesia non sorprende. L’autore, distribuito in modo saltuario nelle sale italiane, mette al centro delle sue satire graffianti le forme più tipiche di aggregazione del nostro mondo, il condominio ( “La comunidad”)o in questo caso il reparto di abbigliamento femminile di un modernissimo emporio madrileno:gli studi di psicologia di massa attestano che l’uomo in gruppo svela il peggio di sé, diventa malvagio e compie le più orribili mostruosità. Cattiveria ed egoismo sono oggi connotati da una bruttezza volgare ed orripilante nel suo ossessivo esibirsi: commesse mostruose fanno incrementare le vendite e la stessa conclusione è un sberleffo alle pretese di buon gusto del bel Rafael, un don Giovanni da esposizione, rigidamente imbalsamato nelle sue pose, simile con le sue conquiste femminili ai manichini delle vetrine. Siamo nel regno kitsch del cattivo gusto e della goffa imitazione e pertanto, è l’idea centrale del lungometraggio, trascurata dalla traduzione italiana del titolo, il crimine perfetto è “ferpecto” ovvero una parodia buffonesca dell’arte del delitto, magari adatta, come le proposte di matrimonio, a una esibizione televisiva. Cosi l’esteta e la sua complice/brutto anatroccolo diventano una variante ridicola e grottesca dell’affascinante coppia di amanti diabolici del noir, da quella de “Il postino suona sempre due volte” alla versione omosessuale del raffinato “La mala educacion” di Almodovar. Una comicità amara, una perfidia senza possibilità di scampo travolge tutti gli spazi delle realtà raffigurata: i bambini innocenti sono svaniti chissà dove, sostituiti da caricature disgustose e attorno al desco familiare si riuniscono a mangiare piatti enormi di ceci figure da film horror. Il museo degli orrori però con le sue battute esilaranti e con il suo ritmo frenetico riesce ad essere solo un innocuo diversivo, privo di potere sconvolgente: de la Iglesia infatti sfiora abissi di malessere senza sondarli, fermandosi in ultima analisi alla consueta demitizzazione del machismo. Certo si tratta di una pellicola a tesi, che trova i suoi limiti nell’esclusione della dissonanza e del dato contrastante. Dietro i burattini stilizzati di “Crimen perfecto” vi è il mare magnum di un disagio sociale ed individuale dalle potenzialità espressive( e non solo) esplosive, vi è il mobbing, il conflitto fra modelli e stili di vita, la violenza degli amori non corrisposti, la guerra fra poveri e il trionfo della casualità, forse troppo per un film, dove per non piangere si ride.
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