Regia di Stelvio Massi vedi scheda film
Nettamente poveristico e minore tra i poliziotteschi sia di Massi che di Merli, a soli tre anni dai fasti nel nascente filone, e del Comm. Betti, del Commissario Leonardo Tanzi di "Roma Violenta", Napoli violenta", "Roma a mano armata", è anche per Massi ben lontano dalla professionalità di "Poliziotto Sprint", appena l'anno prima, e dei contemporanei "Un Poliziotto scomodo" e ''Poliziotto senza paura".
Infatti se si escludono isolate sequenze come quella in preciso stile alla Massi, con abuso di rallentatore del rapimento notturno in via S. Sabina della ragazza, è profusione di vetri rotti della Renault 5, che si vede lontano un miglio sono solo di plexiglas, abbondano ben peggiori momenti di assoluta ridicolaggine, pressapochismo e sciatteria, se non proprio grotteschi.
Come quando il commissario Mariani/Merli, punta la pistola alla tempia del conducente della littorina ferroviaria perché non si fermi alla stazione Tiburtina(in verità è quella di San Pietro), o all'automobilista pelato per prendergli la Giulietta in corsa contro il tempo per salvare il figlio, come uno qualsiasi dei criminali che egli perseguita con ossessione, quando gli sarebbe bastato mostrare il tesserino.
Per non parlare della lunga sezione in interni durante il sequestro al commissariato, quando viene scelto come minacciato sotto la pistola dello spiritato e impegnatosi nel ruolo ma proprio mingherlino, Massimo Mirani, il più enorme di tutti i questurini, che lo rivolterebbe come Bud Spencer con una sola manata a malapena stretta al polso e dall'orologio, e non gli altri presenti, Giampiero Becherelli(come sarà finito qui dentro), il glorioso Franco Odoardi, o l'altro caratterista Mario Granato.
Ma i momenti ridicoli, ingenui, assolutamente naif e buoni solo per gli esegeti del "filmetto anni '70" adatto alle platee di bocca buona sono innumerevoli(fu però ancora un discreto successo da oltre 800 milioni e mezza di vecchie lire)sono davvero troppi per non affondare il film, nonostante la buona prova e impegno indefesso nel ruolo, senza sé e senza ma, del cotonatissimo e ossigenato Merli in giacca bianca alla Sonny Crockett - ma Facis-, e che come in "Poliziotto Supersprint", ormai si doppiava da sé.
Sempre di insigne, glaciale inespressività Janet Agren, che con il figlioletto rapito da un apparente pazzo, non esprime la sua angoscia che rigirandosi le unghie, e fumando perplessa come fosse amabilmente con qualche produttore ai tavolini del Cafè de Paris.
Bella e bene illuminata sia la splendida ambientazione estiva e domenicale per Roma di Spinaceto, del Viale Eroi di Cefalonia, di Rodi, via Rodolfo Lanciani, Piazza Bologna, via Lorenzo il Magnifico, piazza Giovine Italia, via Capoprati ecc, in piena luce e sole, così come quando nella scena allo sfasciacarrozze alla luce perfetta del tramonto; che la parte finale notturna lungo i binari della ferrovia tra i vagoni soprattutto merci fermi, con sapiente uso della penombra e della faccia è figura al buio dell'Odoardi/Mariani. Ma non c'è da stupirsi visto che Stelvio Massi è stato uno dei migliori ddf e operatori italiani della sua generazione, qui affidatosi al collaudato Sergio Rubini.
Tra gli ultimissimi ruoli di un inquartato e quantomai ingrassato, totalmente sfiorito Ettore Manni/brigadiere Ingravallo, vice di Mariani/Merli, che spara come un pazzo e senza alcun criterio a rapinatori e criminali in mezzo alle macchine e alla gente come d'altronde il suo capo, e chi di li a pochi mesi in un da sempre dibattuto se atto volontario o meno, proprio con una 357 Magnum o giù di lì, trovo prematura morte.
E tra altre già "vecchie glorie" troviamo in piccole apparizioni pure Dora Calindri, e Enzo Fiermonte.
Brutta e totalmente inadeguata la colonna sonora stile pianolette elettroniche da Cioni d.j., di Lallo Gori.
Finale con le luci smarmellate e la ricongiunzione tra padre e figlio piangente che si incamminano via mano nella mano, ritrovatisi dopo tanto spavento, che sembra improvvisamente di essere in un film di Raimondo Del Balzo o Mario Gariazzo, molto lontani dalla durezza tagliente e senza sconti, dei Lenzi/Merli di ben altra levatura.
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