Regia di Tetsuichiro Tsuta vedi scheda film
Black Ox (2024): scena
TFF 43: CONCORSO LUNGOMETRAGGI Il Concorso lungometraggi del 43 TFF ha avuto la sua gemma e la sua punta artistica più evidente grazie a questo film del 2024, coproduzione tra Giappone, Cina e USA, tutta incentrata tra un rapporto simbiotico che si crea tra un uomo solitario che affronta suo malgrado un cambiamento radicale dei propri costumi di vita, ed un bue. Peccato che la Giuria non se ne sia accorta e lo abbia completamente ignorato.
Un vero peccato.
Strutturato in 9 delle 10 tappe introdotte a loro volta da 10 carte che indicano il percorso che porta alla illuminazione secondo la dottrina buddista, Black Ox inizia con un devastante e distruttivo incendio, che lascia un uomo nudo, solo, disperato.
È un cacciatore, vittima degli abitanti della città che gli hanno bruciato i boschi e hanno costretto i cacciatori a scendere a valle, riciclando come agricoltori nei lavori più pesanti e abbandonando caccia e pesca.
Black Ox (2024): scena
La storia, contemplativa e di radi dialoghi, si dipana attraverso 9 immagini che preannunciano altrettanti capitoli:
-Immagine 1: alla ricerca del bue.
Il poveretto fugge dai boschi bruciati e tenta di fuggire in canoa, ma gli altri occupanti lo cacciano.
-Immagine 2: la scoperta delle impronte.
L'uomo si fa ospitare da una vecchia scorbutica che lo tratta da sguattero, pretende azioni servili come farsi lavare e persino soddisfazioni sessuali, ma poco dopo muore e il suo ospite acquisisce dimora nella casa della vecchia, impegnandosi a versare le tasse ai funzionari giunti dopo la cerimonia funebre.
-Immagine 3: trovare il bue.
L'animale, preannunciato dal suo profondo Muggiò, appare in una amena placida ente intento a pascolare, mentre il padrone giace morto, probabilmente picchiato è ridotto seminudo col volto affogato in un piccolo ruscello.
-Immagine 4: catturare il bue.
Impresa non facile, con l'animale che scappa, si di vincola, fino a cedere in cambio di un po' d'erba. Un giorno l'animale fugge, lasciando il padrone in ansia, ma finisce per far ritorno al fienile spontaneamente, suggellando un legame con l'uomo sempre più concreto.
-Immagine 5: domare il bue. Operazione che avviene abituandolo a sopportare il giogo del pesante aratro con cui l'uomo lo inizia al lavoro nei campi, operazione in cui appare molto predisposto il grosso bue nero. L'uomo inoltre lo cede generosamente anche in prestito ad altre famiglie
-Immagine 6: tornare a casa sul dorso del bue.
Perfetta sincronia tra uomo e animale, affiatati e coesi. Poi purtroppo la notizia che l'animale è morto presso contadini a cui l'uomo l'ha concesso in uso. Sconforto totale, al punto da sentire il muggire dell'animale e il respiro profondo anche in sua assenza.
-Immagine 7: dimenticare il bue.
Anche l'uomo sempre più solo, comincia a ruminare come il bue, come colto da una simbiosi con l'animale trapassato.
-Immagine 8: dimenticare il Sé.
L'inizio di un percorso ascetico, delineato da un biancore accecante su paesaggio innevato e nebbioso, ove il corpo si cancella e si integra con l'ambiente circostante.
-Immagine 9: ritornare all'origine.
Il film introduce immagini a colori per la prima volta. Una esplosione tremenda da lontano, scuote una calma paradisiaca. Forse l'uomo si è annientato con le sue stesse mani. Resta un piccolo gruppo di bovini neri che erran tra la spiaggia sassosa, e un mondo finalmente libero da ogni minaccia.
Black Ox (2024): scena
Al suo secondo lungometraggio, il regista giapponese bravissimo Tsuta Tetsuichiro traduce in cinema le illustrazioni ed il cammino in 10 tappe inerente I "Dieci quadri del mandriano di buoi", percorso buddista che ha per scopo dirigere il fedele verso una sua illuminazione spirituale.
Il film, straordinario in immagini e naturalezza di situazioni, genuine, mai edulcorate, che si traducono in riprese grandangolari di una natura incontaminata se non da malcelate azioni umane, ha come epicentro la figura solitaria e malinconica del cacciatore convertitosi all'agricoltura.
Black Ox (2024): scena
Uomo schivo, che agisce anziché parlare, e che il regista ha l'intuito geniale di far rappresentare da un grande attore abituato a recitare col corpo, molto più che con la voce: si tratta del noto attore taiwanese Lee Kang-Sheng, portato alla ribalta dal cinema fuori da ogni abituale schema narrativo, di Tsai Ming-liang, che lo ha trasformato nel suo attore feticcio.
Il film è una vera sorpresa per gli occhi e per lo spirito, e designa il regista come un nome molto interessante da tener d'occhio nei suoi prossimi progetti.
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