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Dolce gola

Regia di Lorenzo Onorati vedi scheda film

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La recensione su Dolce gola

di mm40
1 stelle

Sara e Roberto stanno per sposarsi e vanno a visitare il loro futuro appartamento, in aperta campagna. Dalla finestra la coppia vede due uomini violentare una ragazza; Sara vorrebbe intervenire, ma Roberto la convince a far finta di nulla. Per Sara comincia un incubo a occhi aperti.

 

Questo film è (moderatamente) noto per aver rappresentato l’esordio di Paola Montenero nell’hardcore, dopo aver recitato in qualche pellicola soft-erotica e aver interpretato piccoli ruoli in alcune opere popolari, incluse un paio di produzioni televisive RAI. La sua carriera, a quanto si sa, si fermerà qui, mentre decollerà quella del regista, Lorenzo Onorati, esordiente dietro la macchina da presa che saprà conquistarsi un posto di rilievo nel cinema a luci rosse dei successivi tre lustri. Dolce gola è un titolo che riecheggia vagamente Gola profonda (Gerard Damiano, 1972), classico del genere pornografico, ma che nulla ha a che fare con esso – anzi: si tratta proprio di un titolo insensato, punto e basta; di per sé, il film si ritaglia uno spazio all’interno di quel sottogenere di pellicole – che all’epoca andavano fortissimo – erotiche con inserti per adulti che all’occorrenza venivano tagliati per proiettare il film nelle sale ‘comuni’ (non a luci rosse, insomma), previo debito divieto di visione al di sotto di una certa età. Tutto questo per dire che Dolce gola ha una trama, ha delle battute recitate, ha un (pur minimo) approccio psicologico nella costruzione dei personaggi; ciò non toglie ovviamente che la principale attrattiva del lavoro rimangano gli accoppiamenti espliciti tra gli interpreti. A tal proposito, il cast pesca tra attori già avviati nell’hard e altri assolutamente no: oltre alla Montenero compaiono infatti Guia Lauri Filzi, Claudio Perone, Marzia Damon e Paolo Di Bella. Al netto di queste considerazioni, infine, il film raggiunge vette di indecenza intellettuale esemplari, raccontando la storia di una donna che assiste a uno stupro, non lo denuncia poiché il compagno glielo impedisce e infine rintraccia lo stupratore per farsi avidamente montare da lui: non un film per femministe, ma più in generale per nessun tipo di pubblico, e non basta il frettoloso finale metacinematografico a riabilitare l’opera. 1/10.

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