Regia di Gianluca Matarrese vedi scheda film
Un agglomerato di case che fa frazione, su un colle calabrese, abitato da 70 persone, tutte imparentate fra loro. Già il background di questo strepitoso "doc" di Matarrese, è una bomba a orologeria, polvere da sparo per una tragicommedia che sta in bilico fra eventi reali e finzione. Una palazzina e due donne: Luisa, dal carattere più che sanguigno, ribelle e, aggiungo io, anche molto sola, e Imma, la cognata, vittima delle angherie (almeno così pare) della suddetta Luisa, che abita al piano di sopra. Un'infinita serie di accuse, di sospetti e di dispetti, di denunce, porta le due famiglie imparentate a una vera e propria guerra, mentre tre zie del borgo, come antichi saggi, tentano una mediazione fra pranzi luculliani e ricordi. Basterebbero i primi dieci minuti, vivacissimi e annichilenti, a far balzare sulla sedia anche il più distratto degli spettatori: come in una tragedia greca (e non a caso, l'inizio, è girato fra i ruderi di un anfiteatro), le due donne si affrontano in un duello verbale serratissimo, potente, definitivo e anche esilarante, almeno per chi osserva da lontano. Dopodiché il film entra in un'area che sta fra la realtà e la finzione, mostrando le radici di una convivenza impossibile, malata e pericolosissima, dove solo le povere zie, sembrano uscirne indenni. Un "live action" di "Parenti Serpenti" con tocchi alla Seidl, dove il regista resta in disparte, quasi nascosto, a riprendere tutto il sangue sotterraneo che scorre, il magma di un odio che non pare destinato a sopirsi. Un'opera bellissima, viva, forte, sincera fino al midollo, tragicomica e tragica, urticante.
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