Trama
Tra le rovine di un vecchio cinema destinato alla demolizione, Thida vaga come spirito guardiano. È un fantasma sospeso tra due mondi, diviso fra l’eterna condanna alla memoria e la possibilità della rinascita. L’incontro con Hai, un uomo in carne e ossa, rompe questo equilibrio e apre un varco inatteso: attraverso il loro legame, Thida è costretta a interrogarsi non solo sul proprio destino spirituale, ma anche sul senso stesso dell’essere umani in una Cambogia attraversata da traumi, trasformazioni e rapide mutazioni sociali.
Polen Ly racconta: «Scrivere Chiet Chea Manusa (titolo originale) è stato come un viaggio meditativo che mi ha permesso di riflettere su cosa significhi essere umani in un paesaggio segnato da ferite e cambiamenti. Come figlio di sopravvissuti al genocidio cambogiano, vedo come le ingiustizie dello sviluppo e della modernizzazione continuino a portare via case, terre e risorse. Nel film, il rapporto tra Thida e Hai rappresenta la confluenza tra vecchie e nuove generazioni, accomunate da una fragilità che può trasformarsi in resilienza. In questo paesaggio traumatico, essere umani significa coltivare speranza e compassione, imparare a prosperare insieme».
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