Regia di Stephan Komandarev vedi scheda film
Bulgaria, 2020. Iva lavora sottopagata e sfruttata in una fabbrica tessile cucendo giubbotti e soprattutto etichette con scritto "Made in EU" sopra. Scoppia la pandemia da Covid-19, e lei, che ha sintomi, si sente costretta ad andare ugualmente in fabbrica per timore di perdere un ambito bonus che gonfi il suo misero stipendio. Ma non appena iniziano le quarantene e la malattia fa le sue prime vittime, il piccolo paese di montagna in cui vive riconoscerà in lei il paziente zero, ossia il perfetto capro espiatorio. Così Stephan Komandarev fa il suo consueto ritratto di una Bulgaria post-sovietica che ancora non ha fatto i conti con le contraddizioni del suo nuovo Millennio (come già in Directions e nel bellissimo Blaga's Lessons), costruendo un cinema che pare il controcampo serioso e più castigato di quello spumeggiante e violento della Romania di Radu Jude e Corneliu Porumboiu. Made in EU è punito da una sceneggiatura macchinosa nello sfoderare il suo accanimento violento sulla protagonista che diventa mira di ogni possibile cattiveria dai parte dei suoi concittadini, ma è, come negli altri lavori di Komandarev, fatto fin nelle fondamenta dei luoghi e dei tempi mortificanti di quel paese: le strade, le case, le funivie, gli edifici grigi, i brutti caffè dei chioschi. Nello sforzo di ignorare le principali ingenuità e improbabilità di scrittura, si può scoprire anche in questo film un occhio registico discreto ma mai neutro, ossessionato dai quadri dentro i quadri, dai decadrages, dalle ripetizioni più subliminali.
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