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À pied d’œuvre

Regia di Valérie Donzelli vedi scheda film

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La recensione su À pied d’œuvre

di EightAndHalf
4 stelle

Paul decide di performare la povertà rinunciando al remunerativo lavoro di fotografo per fare lo scrittore. Per il mondo intorno a lui è un capriccio; per lui è un riscatto. Ma il riscatto non paga, almeno non subito, e quindi Paul cerca altri piccoli lavoretti sottopagati tramite l'app Jobber così da intraprendere nuove esperienze di vita. Una vita in una mansarda, una vita più complessa, ma forse una vita scelta più volontariamente. Insieme a No Other Choice di Park Chan-wook (i due film sono stati presentati lo stesso giorno a Venezia 82), À pied d'oeuvre è un film sul sogno del lavoro ideale a qualsiasi costo, al confine col capriccio del privilegiato che potrebbe fare tante altre scelte lavorative forse neanche troppo insoddisfacenti, o forse senza lamentarsi, per campare la sua famiglia. Ma il nuovo film di Valérie Donzelli non ha l'alibi della ricerca sui meccanismi dell'intrattenimento di Park e quindi chiede un appiglio umano più diretto e letterale, che rivendica se non empatia quantomeno comprensione. Ed è difficile, a dire il vero, per chi guarda: la scalata di un inetto senza grandi segni particolari è forse una sfida alla possibilità che un film possa farsi davvero con qualsiasi personaggio - di inetti comunque la letteratura è piena da più di un secolo -, ma, al netto della volontà anti-spettacolare, lo sguardo di Donzelli è annebbiato, vacuo, naturalista per il gusto di esserlo, quasi meramente abitudinario. E di fronte all'anonimato visivo, o per questo realismo di facciata che per il cinema francese è davvero il minimo sindacale, si può forse ripiegare sulla piega metatestuale finale del film (un libro che, nella diegesi, racconterà la storia del film stesso), e quindi sulla domanda circa la legittimità della scelta di tale protagonista insignificante: è lo spettatore insensibile di fronte all'inerzia di Paul, o sono le ansie del personaggio semplicemente loffie? Cast in forma, durata fortunatamente breve, risultato effimero. Forse addirittura incosciente che dietro alle tristezze del protagonista si nasconda una sotterranea megalomania, di quel tipo che farebbe dire a uno scrittore "Sarò rispettato dai miei familiari solo quando leggeranno i miei libri".

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