Regia di Margherita Spampinato vedi scheda film
Dimostrazione pratica di quando si parla di piccoli e bellissimi film: questo lo è in pieno. Poetico, tenero, pieno di colore/i (eccellenti la la fotografia e il commento musicale), lontano dal chiasso di tanti film. L’incontro di due esseri distanti che, nello scambio di sguardi finale, sulla sabbia estiva, inonda d’amore l’intera spiaggia.
Quando c’è un esordio alla regia viene spontaneo fare ricerche sulla persona per capire da dove viene, il background culturale che l’ha nutrita, le passioni, cosa ha realizzato fino al momento fatidico. Questo processo mi ha fatto scoprire Margherita Spampinato di cui, come tantissimi, non avevo mai sentito parlare, anche perché è appunto il suo primo film da regista, sceneggiatrice e sicuramente da montatrice, dal momento che il nome indicato a questa funzione risulta solo come assistente. La persona in questione è una quarantaseienne palermitana laureata in Scienze Umanistiche (esattamente in Arti Performative e Scienze) che ha fatto esperienza svolgendo uno stage di un anno presso le case di produzione S.P.A.C.E. Productions e Chance Productions a Parigi, ricoprendo poi il ruolo di segretaria di produzione in molti progetti cinematografici e quindi lavorando per diversi registi importanti del panorama italiano.
Gioia mia (2025): Marco Fiore, Aurora Quattrocchi
Perché mi interessava? Perché la preparazione tecnica ma soprattutto umanistica si è manifestata chiaramente in modo esplicativo in questo bellissimo e piccolo film che l’ha fatta conoscere, lavoro che ha presentato con successo al Festival di Locarno 2025 (diretto da Giona A. Nazzaro) nella sezione Cineasti del Presente con il titolo internazionale di Sweetheart, vincendo il Premio Speciale della Giuria e facendo premiare anche Aurora Quattrocchi come miglior attrice. Film che presumo sia la tappa conclusiva di un progetto presentato a L’Atelier di Milano Film Network con il nome Gela, che è proprio il nome del personaggio interpretato dalla bravissima attrice concittadina della regista (concittadina di diritto, pur se l’esperta attrice è nata da genitori palermitani in Istria).
Il personaggio centrale del film è un bimbo, Nico, ma è impossibile escludere dal ruolo di coprotagonista a sua zia Gela: se il ragazzino è presente costantemente nei 90 minuti del film, l’anziana donna è il suo semaforo che dà e vieta costantemente il permesso di fare qualcosa. Un semaforo che diventerà faticosamente ma inevitabilmente il faro del piccolo ospite.
Nico, infatti - come vediamo nello sviluppo della trama, lenta ma in continua evoluzione, quindi mai annoiante - è un bambino dei nostri tempi e perciò dipendente dal telefono e con lo smalto sulle unghie per essere alla moda. All’improvviso viene strappato al suo mondo (viene dal nord) per passare un mese d’estate in Sicilia, in casa della sorella della nonna, Gela. Però questa abitazione non è quella che ha lasciato e si deve adeguare ad un luogo dove non c’è il wifi né, nella caldissima Palermo, l’aria condizionata, e si mangiano prelibatezze prettamente locali a cui il suo palato non è ancora certamente abituato.
Gioia mia (2025): Marco Fiore
Ci sono solo i giochi di carte, il simpatico vecchio cane di piccola taglia Frank, praticamente il coccolino della donna, e un classico condominio primo Novecento, grande, con cortile ed enormi scalinate, molto popolato di nonne e nipoti: non c’è ombra di persone giovanili o mature, ma soprattutto si nota la mancanza degli uomini. Solo vecchie che amano stare nel cortile a chiacchierare col ventaglio in mano me ragazzini. Ma “qualcuno” in più pare esistere: forse - come si dice e si “sente” - qualche spirito che abita gli appartamenti all’ultimo piano a causa di strani rumori. Nico e Gela (due mondi, due poli opposti, circa 70 anni di differenza), ognuno radicato nelle proprie certezze ma con dolori simili nel cuore, devono forzatamente, pian piano, cercare un linguaggio comune, una coesistenza vivibile e sopportabile.
Che non sarà facile, ma sarà agevolato da qualcosa che hanno in comune: i segreti. Zia Gela è davvero burbera (“Il tovagliolo, sulle ginocchia!” “Togli i piedi dal tavolino!”) e ha una tale religiosità che ogni stanza pare la sacrestia di una chiesa, tante sono le immagini ma anche le statuette di santi e Madonne, crocifissi e santini, ed è molto riservata anche con il nipotino. È rimasta nubile e non per un motivo religioso o per sfortuna. Anche lei ha avuto un grande amore: il suo è un segreto profondo e antico e lo rivelerà con calma e discrezione con un discorso per nulla facile, almeno per timore dell’età di Nico, ma sarà, a quanto dice, l’unica volta che lo svela. È un segreto della sua gioventù, di quando si sentiva felice. Invece è rimasta sola e si è chiusa in sé, ora solo in compagnia delle tante anziane che dilagano e detengono il comando del gran palazzo.
Gioia mia (2025): Marco Fiore
Anche Nico ha i suoi segreti. È stato spedito (è il caso di dire) in Sicilia in quanto i genitori sono sempre al lavoro e la sua babysitter, la bella Violetta, ha preso una decisione importante nella sua vita e ha lasciato l’incarico. Nico è e si sente solo, è perduto senza quella ragazza molto affettuosa verso cui provava il più grande affetto della sua piccola vita, forse innocentemente innamorato. Ora è lì in quelle enormi stanze dalle volte alte, tra pareti santificanti, un cane che lui giudica stupido, un gruppo di ragazzini che infestano con schiamazzi e giochi il cortile interno ma che fanno fatica ad accettarlo e che lui rifiuta sdegnosamente. Per tutto questo lui è triste ma non si ribella, se non quando la zia gli sequestra lo smartphone ritenendolo un oggetto inutile e dannoso. Ciò che veramente spera è di ricevere una chiamata telefonica non tanto da parte dei genitori, quanto dalla cara Violetta, che gli possa migliorare la giornata afosa, che gli dia uno spiraglio di speranza di tornare da lei. Ed invece anche il suo mondo crolla quando, finalmente sentendo la voce della ragazza, viene a sapere che si sta sposando.
Gioia mia (2025): Marco Fiore, Aurora Quattrocchi
Pare come se il mondo si stia accanendo contro di lui ed invece accadono due bellissimi cambiamenti: finalmente fa amicizia con la giovanissima Rosa, in pratica la “capa” del gruppo dei bambini, con cui lui fa ormai coppia fissa e imperversano entrando come piccoli scassinatori nei vasti appartamenti lasciati vuoti dalla stagione estiva. Litigano per motivi di gelosia (ah, questi ragazzini!), data la tristezza che gli piomba addosso con la notizia del matrimonio, ma il finale è roseo. L’altra vera novità, che darà un significativo valore alla sua piccola esistenza, è che giorno dopo giorno, litigio dopo litigio, incomprensione dopo incomprensione, il rapporto mal sopportato tra Gela e Nico diventa un legame di vero affetto.
Gioia mia (2025): Marco Fiore
Si dirà: e qual è la novità in una storia come questa, quando da sempre si raccontano vicende di persone che non si sopportano e poi alla fine si vogliono bene? Beh, il segreto è come la bravissima Margherita Spampinato ha saputo costruire il percorso di avvicinamento. La narrazione è lenta ma costante, è ruvida ma diventa dolce, sembra in salita e dopo un periodo pianeggiante si apre in una pianura magica. La delicatezza, la dolcezza, i silenzi e gli sguardi densi di parole non dette, il volto di entrambi inquadrati con sapiente mano, fanno sì che la storia tocchi il cuore e lo intenerisce. Non c’è un fotogramma sprecato, un gesto fuori luogo: lo sguardo di Nico quando mira qualcuno, ma specialmente la zia, parla da solo, esprime ogni sentimento che gli passa per la mente. E Spampinato lo coglie nelle inquadrature ravvicinate, aiutata dalla felicissima scelta del commento musicale che accompagna come una sinfonia dolce quanto il film.
Gioia mia (2025): Marco Fiore
Che Aurora Quattrocchi sia meravigliosamente brava è scontato, forse più che in altre occasioni e per questo va dato merito ancora una volta alla bravissima regista, ma la felice scoperta sta nei due piccoli interpreti. Marco Fiore si muove come se abbia fatto l’attore da sempre: è, oltre che un bellissimo ragazzino, un interprete che sa esprimersi anche senza parlare, con gesti precisi. Martina Ziami è la degna e piccola partner che tiene molto bene la scena, ed è un manifesto della bellezza mediterranea sin da questa età: anche lei è molto genuina, recitando con naturalezza e guidata dall’istinto. Se tutto ciò funziona a meraviglia non può che essere un elogio per Margherita Spampinato e per il senso umanistico che fa parte della sua personalità. Autrice che dimostra un notevole livello di maturità anche se questo è solo un esordio.
Gioia mia (2025): Marco Fiore
Dimostrazione pratica di quando si parla di piccoli e bellissimi film: questo lo è in pieno. Poetico, tenero, pieno di colore/i (azzeccata la fotografia di Claudio Cofrancesco), lontano dal chiasso di tanti film. L’incontro di due esseri distanti, accomunati da piccoli o pesanti ricordi segreti, due drammi di differenti pesi: due persone che, nello scambio di sguardi finale, sulla sabbia estiva, inonda d’amore l’intera spiaggia. Anche se gli altri non se ne accorgono. Lo sanno solo Gela e Nico. Gioia mia!
L’origine del progetto lo spiega la regista: “L’idea nasce dai miei ricordi d’infanzia. Sono cresciuta a Roma in una famiglia laica e razionale, senza troppe regole. L’atmosfera di casa mia era molto diversa da quella che trovavo in Sicilia, dove ogni estate trascorrevo le vacanze a casa delle mie anziane zie ‘signorine’, le cugine di mia nonna. Da loro respiravo un’atmosfera profondamente religiosa, ma anche magica e superstiziosa, erano convinte dell’esistenza degli spiriti, e questo per me era potentissimo. Mi portavano in chiesa, mi facevano fare il pisolino, mi insegnavano le buone maniere. Io amavo moltissimo entrambe le dimensioni: quella romana e quella siciliana, quel contrasto tra il pensiero logico e l’intuizione, tra la scienza e il mistero, mi è rimasto dentro ed è diventato il cuore del film.”
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