Regia di Sho Miyake vedi scheda film
Two Seasons, Two Strangers (2025): locandina
LOCARNO A MILANO: ARLECCHINO CINETECA MILANO: PARDO D'ORO AL FESTIVAL DI LOCARNO
L'attività professionale e un momento di vita di una sceneggiatrice giapponese, permettono al regista Sho Miyake di unire due storie ambientate in due opposte stagioni (estate ed inverno) e attraversate da personaggi eterogenei, ma ugualmente sensibili e ricettivi in ambito di sentimenti. Il racconto estivo è introdotto dalla difficoltà della sceneggiatrice Li, impegnata nella stesura della storia, di avviare la vicenda.
Tramite la rappresentazioni della storia in formazione, lo spettatore si ritrova nel mondo del racconto ed inizia ad assistere alla vicenda, ambientata durante una serie di giornate uggiose, presso una costa immersa tra rocce e verde. In quell'ameno contesto naturale, due ragazzi riservati, solitari e timidi, di nome Nagisa e Natsuo, si incontrano in estate, scambiandosi sguardi e parole imbarazzate sotto la pioggia che descrive paesaggi marini inconsueti ma pur sempre affascinanti.
Nel racconto d'inverno, la medesima sceneggiatrice Li intraprende di persona un viaggio in un villaggio innevato distante dai grandi centri abitati e, impossibilitata a trovare ospitalità in un albergo, si trova costretta a ripararsi presso un rudimentale e spartano bed & breakfast gestito dall'anziano Benzo, un po' burbero e solitario tenutario della pensione.
Nonostante l'iniziale imbarazzo, unito ad una buona dose di reciproca diffidenza, tra i due nascerà una forma di rispetto e quasi di ammirazione reciproca, fino a poche ore prima impensabile. Impegnato nel suo quinto lungometraggio, il cineasta nipponico Sho Miyake mira a studiare con sottigliezza e studio introspettivo acuto, l'universo delle persone solitarie, per scelta o per destino, e le relative sofferenze o disagi che questa situazione arreca loro.
Un individualismo che, scelto, indotto o sofferto, giunge a creare dolori intimi, situazioni di disagio e anche difficoltà economiche per l'incapacità di valorizzarlo per quel che si è, sountandola sulla scaltra mediocrità che spesso circonda chi vive dimesso e chiuso in se stesso.
Naturale, disincantato, come sospeso entro una bellezza naturale discreta e composta, ma sublime, il film di Miyake analizza la complessità delle relazioni umane, aggravate dalla ritrosia e dalla difficoltà di comunicare che volte coglie I caratteri più indipendenti e riservati. Attraverso una narrazione pacata, ma anche intima, Tabi to hibi (questo il titolo originale dell'opera) si fa forza di momenti e situazioni cosparsi di intima malinconia che non esclude il ricorso a piccoli gustosi sipari a sfondo parcamente umoristico.
Ne scaturisce un film pudico ed intenso, maturo ed assai convincente, in grado di scaldare il cuore e regalare allo spettatore momenti di intimità che i vari personaggi sembrano voler condividere con il proprio pubblico.
L'assegnazione dell'ambito è prestigioso Pardo d'Oro al Festival di Locarno 2025, suggerisce la intensa capacità del film, scientemente e magnificamente intimista e sottotono, di saper entrare nel cuore di chi lo affronta da spettatore.
Entrambe le storie riescono ad andare ben a fondo nello studio di diversi stati d'animo in subbuglio dei personaggi interessati, rivelando questi ultimi una contagiosa empatia nell'intreccio di sentimenti e titubanze che li animano, e la sensibilità di chi assiste alla delicatezza di questa giostra di sentimenti che animano i diversi esseri umani coinvolti nelle due vicende divise da opposte, ma parimenti affascinanti ed intimamente connessi alle stagioni meteorologiche entro cui si contestualizzano.
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