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The Birthday Party

Regia di Miguel Ángel Jiménez vedi scheda film

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La recensione su The Birthday Party

di Ponky_
4 stelle

TORINO FILM FESTIVAL 43 (2025)

“The Birthday Party” è una festa frizzante quanto l’encefalogramma piatto di un cadavere in avanzato stato di decomposizione, uno di quegli eventi che ti fanno pentire di aver accettato l’invito già al primo passo oltre il cancello. Eppure, se il padrone di casa è Willem Dafoe, come si potrebbe rinunciare a presentarsi? Gli ingredienti per uno spettacolo capace di intrattenere ci sono tutti, eppure a divertirsi davvero è soltanto l’attore stesso, immerso in un irresistibile quanto penoso one man show di centotré minuti in cui canta, balla e si crogiola nella riverenza degli ospiti, senza rendersi conto che la serata è un totale disastro.

Il moltiplicarsi delle prospettive, tra protagonista e antagonista, dissipa rapidamente quel minimo di tensione inizialmente coltivata, vanificando l’attesa di un disvelamento delle carte in tavola che risulta, a conti fatti, prevedibile e di scarso interesse, lasciando lo spettatore saccheggiato dal piacere dell’inganno e, successivamente, della sorpresa.

Sul versante sociologico, dove il film ambirebbe a delineare dinamiche di sudditanza a potere e denaro, manca del tutto la capacità di ritrarre un circolo elitario nella propria visione distorta del mondo, così come quella di coglierne l’incurante decadenza morale quotidiana, mascherata in costosi abiti da gala. Il risultato è uno scivolamento nel cliché, che interroga solo superficialmente i rapporti familiari — oscillanti tra amore, risentimento e opportunismo — i quali, pur essendo l’unico vero punto di interesse, non bastano a compensare l’assenza di suspense.

La sensazione è che il materiale di partenza — il romanzo da cui la pellicola è tratta — fosse già estremamente povero, producendo un adattamento inevitabilmente disorientato e disorientante, in cui la colonna sonora, con echi sintetizzati del tutto fuori contesto, contribuisce a confondere ulteriormente gli intenti di una linea di racconto che si sgretola nel momento in cui dovrebbe raggiungere il picco drammatico, rivelando retrospettivamente la totale assenza di un nucleo narrativo solido.

Al termine di un party mai decollato, si finisce comunque per ringraziare cordialmente Dafoe: fagocitando l’opera con il proprio debordante istrionismo, ne depone la pietra tombale, disciogliendone gastricamente ogni minimo ricordo in attesa di farla defluire nella forma che meglio ne rappresenta l’essenza.

 

 

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