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La riunione di condominio

Regia di Santiago Requejo vedi scheda film

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La recensione su La riunione di condominio

di lamettrie
8 stelle

Una giusta denuncia dei disastri culturali delle destre di oggi, senza essere acriticamente dalla parte progressista. Un film equilibrato, assai intelligente. In ottimo bilanciamento fra lo stupore che desta e la sobrietà complessiva.

Il prevalere del conservatorismo ignorante e acritico, razzista, antidemocratico e di matrice neofascista, così evidente da qualche anno all’interno della galassia populista (per intenderci, quella che premia Trump in America e, in buona parte, ha premiato da tre anni anche qui da noi - sebbene con una tradizione molto più radicata, purtroppo) è ben rappresentato. Tenendo dentro anche rari esponenti non ignoranti, rispetto alla media, ma senza dubbio afflitti da gravi problemi interiori che essi non hanno mai voluto curare, poiché nemmeno li hanno mai voluti riconoscere. Il che li ha resi dei seri fascisti, nel senso del capitalismo – patologia sociale stravincente da 50 anni circa, oltre che in varie fasi precedenti – mosso da posizioni più di destra rispetto ad altre. Ciò si dice senza certo dimenticare i problemi – non inferiori – portati dall’altra faccia del capitalismo purtroppo dominante: quella della - solo apparente - sinistra dei (in gran parte solo di facciata) democratici legati all’omonimo partito trasversale; quello legato, ad esempio, anche alla fondazione Open di Soros.

L’ossessione della sicurezza ad ogni costo; della chiusura aprioristica; del rifiuto di qualunque dato che l’esperienza possa portare (che magari potrebbe invece essere migliorante); dell’accettazione che altri possano aver diritto ai miei stessi diritti: è ben raffigurata tale fobia sociale - umanamente disastrosa, in quanto foriera solo di relazioni terribili, e dunque di solitudini angosciate - su cui fa penosamente leva il cartello di destra e centrodestra.

Segno peraltro della crisi di un Occidente che non è più in grado di dominare altri (peraltro con tutte le conseguenze negative di ciò, come quelle che comporta ogni dominio umano, in quanto tale iniquo per definizione).

Il film non è certo “ideologico” (si scusi l’uso di un termine così equivocato e abusato di questi tempi). Peraltro mostra bene il tema della sofferenza mentale: quanto tutti vi siamo esposti, anche coloro che si credono normali. I quali non lo sono affatto: lo spaccato qui offerto da Requejo non è così eccessivo, se rapportato non tanto alle conversazioni quotidiane (che qui effettivamente, per esigenza narrativa, sono riportate), quanto al reale vissuto intimo di quasi ciascuno di noi.

Che non ci sia gran differenza fra la patologia e la normalità, appare quasi evidente; così come – addirittura – che tali normali siano più malati dei medesimi malati conclamati. In questo, soprattutto, la splendida sceneggiatura, teatrale (un’ora e mezza, veloce, di presa diretta su un’ora e mezza reale) vanta il suo alto merito.

In cui rientra pure – ben espressa – la natura della democrazia, messa in crisi dagli antidemocratici stessi, che pure non dovrebbero essere tollerati: non nel senso che dovrebbero essere fatti sparire (ovviamente),  ma nel senso che dovrebbero essere messi nell’impotenza di nuocere – nei vari modi previsti dagli orientamenti democratici sani - per via esclusivamente del loro rifiuto di ogni regola della convivenza che sia basata sull’uguaglianza giuridica dei membri della società, e della conseguente legittimazione del diritto del più forte.

Un film d’interni, ottimamente recitato, in cui il finale impreziosisce l’effetto notevole di sorpresa. Perseverando nel ricordare la straordinaria complessità, nonché drammaticità, dell’esperienza umana.      

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