Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film
Potremmo definire Che ne sarà di noi “Il Grande Bla”. Perché tutti i personaggi blaterano, favellano, parlano e sparlano (spesso a sproposito, spesso no) di futuro e di amore con tale enfasi e altrettanta confusione che si stenta a stargli dietro. Però ci sono simpatici, per lo meno ci è simpatica l’audacia del giovane Silvio Muccino che si arranca a scrivere da solo (ha vent’anni come il suo protagonista Matteo) la classica storiuncola di tre amici diversissimi diplomati (forse uno no…) che fuggono in vacanza in Grecia per inseguire il loro sogno di mandare a puttane una vita che non vogliono. Si “fuma”, si gioca, si balla, si litiga, ci si interroga, si fa sesso. Che novità.
Eppure non ci riesce complicato identificarci nell’allegra combriccola che accompagna Matteo a Santorini, forse perché è proprio l’identificazione che Muccino Jr. e il regista Giovanni Veronesi cercano. Ok, sbagliano entrambi perdendosi tra i soliti luoghi comuni geo-vacanzieri, sbaglia il primo pensando ancora che Come te nessuno mai sia stato girato l’altro ieri e sbaglia il secondo affidandosi del tutto al fratello minore più famoso del nostro cinema odierno, che già rischia l’assuefazione (Muccino, intendiamo). Ma la generazione descritta in Che ne sarà di noi in qualche modo ci somiglia. I ventenni di oggi sono trasportati dalla stessa veemenza delle passioni, siano esse amorose, sessuali o ideologiche; forse non chiedono alle stelle d’agosto di cambiare il mondo intorno a loro ma sicuramente le stanno a guardare; stazionano all’Università studiando quello che non vogliono e sono più amici ed onesti di quanto non lo siano gli adulti verso di loro e verso loro stessi. Gli attori, tutti promettenti, se la cavano bene (tra i migliori, Violante Placido nel ruolo dell’amata e indecisa Carmen ed Elio Germano, attore che cresce ad ogni film, nel ruolo del becero dal cuore d’oro), e in definitiva il titolo riassume in sé l’incertezza dell’esistenza di un’età balorda e inflazionata, quella tra i venti e i trent’anni. Un limbo iniziatico in cui si (soprav)vive combinando cazzate innocue, infarcendosi di menate, guardando un orizzonte lontano e salutando con la mano i giorni frettolosi che ci lasciamo dietro. Come fa la scia di una nave in partenza da un’isola che, chissà, un giorno ricorderemo con nostalgia.
Francesco de Belvis
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