Regia di Francis Lawrence vedi scheda film
Ho letto il libro, uno dei primissimi scritti da King alla fine degli anni sessanta e pubblicato soltanto nel 1982 fra quelli del suo celebre alias, Richard Bachman. In effetti, è il mio romanzo di Bachman/King in assoluto preferito, ovviamente assieme a "The Running Man" che verrà probabilmente sconciato da un ebete di "successo" quale Edgar Wright. Ma vorrei recensire questo film in due modi: come film indipendente dal libro per chi non lo ha letto, e come adattamento.
Se non avete mai letto il libro, vi aspetta un film decente per questi tempi, e dalla buona visualizzazione grafica, un ritmo lento per la staticità della situazione nonostante i protagonisti siano per paradosso in movimento continuo per 600 km., e una narrazione discreta. Di tutti i personaggi, solo due sono sufficientemente sviluppati da far empatizzare con loro lo spettatore, il che lascia ben pochi potenziali ai colpi di scena. C'è una sola scena abbastanza rimarchevole in tutto il film, e non è l'ultima. A parte questo, si passa da un momento all'altro senza mai raggiungere un punto in cui la morte di ogni personaggio conti davvero, tranne che per uno dei due principali protagonisti, Ray e Pete. Non c'è mai vera suspense su come andrà a finire e tutti gli attori sembrano fin troppo in forma alla fine del film e per i 600 km. camminati senza mai fermarsi a circa la velocità di 4 km. l'ora, quindi anche lì, la credibilità diminuisce vistosamente sempre più. La narrazione è discreta, ma al film manca un'ora e mezza abbondante e spreca la precedente per approfondire qualcosa di più dei due personaggi principali, il che avrebbe catturato lo spettatore molto più di quanto avrebbe mai dovuto così, e considerando il formato scelto del lungometraggio - anche apprezzabile, dati I tempi di miniserie tv spreca-tempo e attenzione - . Infine, ci sono alcune pecche nell'applicazione delle regole da parte dei militari, il che rompe l'atmosfera autoritaria di cui il film ha disperatamente bisogno per essere rilevante, nonostante Mark Hamill in partecipazione speciale come personaggio autoritario militarista principale e unico, nei panni de "Il Maggiore".
Mentre, se avete letto il libro, la triste verità è che si tratta di un adattamento mal fatto, a livello di sceneggiatura, di fotografia e, soprattutto, a livello narrativo. La sceneggiatura ha condensato così tanti elementi del libro che la maggior parte di essi hanno perso la loro forza. Ad esempio, ci sono due personaggi fusi insieme che rovinano entrambi gli archi narrativi, rendendo il personaggio derivato inutile nel grande schema delle cose, e inoltre viene a morire in un punto diverso della cronologia, privandoci di due dei migliori archi narrativi possibili della storia, e rovinando anche metà dell'arco narrativo di un terzo personaggio, in virtù dell'inversione dell'ordine cronologico delle morti. Poi c'è il fatto che il limite di età minima dei marcatori per partecipare sembra essere stato aumentato a 21 anni invece che a 18, il che è più evidente con il personaggio principale. Rimuove il senso di innocenza e la paura di crescere che ci si aspetterebbe dai ragazzi di 16 e 17 anni tipicamente kinghiano(anche produttore esecutivo, non si sa con quanta autonomia e autorevolezza creativa) e lo sostituisce con il tipico interrogativo filosofico proprio da miniserie e in voga di questi tempi, di formazione sull'essere adulti e altrettanto oggi tipizzato, dei giovani, adulti, senza usare il suo idiota termine tradotto inglese e tanto in voga per denominare questo filone.
La fotografia soprattutto nel finale è dozzinale, inoltre proprio alla fine la maggior parte dei momenti epici che la contraddistinguono sulla pagina mancano o sono stati assemblati insieme, risultando affrettati e frettolosi Il primo personaggio a morire è un mix di due personaggi (non quelli che ho menzionato sopra) e, sebbene assomigli alla morte del primo personaggio nel libro, cancella anche una delle morti più importanti del romanzo. È piuttosto insipido pure in termini di colori nella sua ambientazione anni '60 in un arco narrativo ucronico con gli Stati Uniti usciti sconfitti forse militarmente, ma certamente economicamente, e impoveriti al punto tale da Grande Depressione del' 29-forse qui diparte l'idea originaria in distopia autoritaria kinghiana, degna di quella pollackiana con "Non si uccidono così anche I cavalli?" (1969)-, dopo la WWII, dato che ci sono pochissimi spettatori ai lati della strada(nonostante la trasmissione nazionale in diretta della "Marcia della morte", e l'enorme seguito e morbosa attenzione che la contraddistingue) , con la marcia stessa che sembra attraversare soltanto la piccola cittadina di Farmville, per tutta la durata del film. Si potrebbero contare anche gli alberi che si vedono in tutti i 108', quindi basti dire che si vede molta erba, campi coltivati, e poco altro.
La narrazione cinematografica stessa di un mediocre da sempre come Lawrence, è la parte peggiore, e quella che può fare infuriare prima della fine del film, di per sé così prevedibile e poco accattivante che sarebbe stato più interessante concludere il film prima e lasciare lo spettatore con il fiato sospeso come nel libro, dal finale aperto e forse meno percorribile cinematografica mente, a meno che di non essere coraggiosi, cosa che oggi manca quasi del tutto. Il semplice fatto che ci siano dall'inizio solo 50 marcatori invece di 100 dovrebbe farvi capire subito che hanno preso fin dall'inizio troppe scorciatoie quando si tratta degli archi narrativi dei personaggi di un racconto così denso e strutturato. Il fatto che il film duri 1 ora e 48 minuti inclusi i titoli di coda elimina ogni senso di attaccamento che si potrebbe creare con tutti i personaggi tranne i due citati, il che è un vero peccato considerando che molti di loro avevano archi narrativi nel libro piuttosto avvincenti. Ma di gran lunga le due cose peggiori sono la mancanza di voglia e capacità di osare, di provocare gli spettatori, che elimina gran parte della tensione e della motivazione a continuare a camminare a tutti i costi per la maggior parte dei marciatori.
È anche un peccato che alcuni personaggi siano stati scambiati di razza, (quando invece il libro è particolarmente poco chiaro riguardo all'etnia di molti concorrenti), ma perché personaggi non stereotipati che immagino fossero bianchi, in base al loro luogo di origine e al loro stile di vita, e perché gli Stati Uniti sono diventati autoritari per molti anni prima della lunga marcia che si è tenuta quell'anno immaginario in cui è ambientata la storia, qui sono stati scambiati di razza in un ragazzo asiatico e uno nero, mantenendo i loro tratti caratteriali rendendoli stereotipicamente asiatici o neri. È più evidente ancora che con il nero Pete e altri personaggi di colore, con il personaggio asiatico.
In definitiva un film altra diretta conseguenza di questi tempi di tolla, e che forse funge da propaganda mascherata, finalizzata ad abituare la gente a situazioni del genere.
Ovvero un militare che ti spara in testa, quando la faranno diventare una cosa normale. Si comincia con lo "Squid game" come nell'orripilante serie tv sudcoreana, e si procede con questo, un poco alla volta vedere queste scene desensibilizza le persone a certe immagini che una volte viste e riviste sullo schermo diventeranno accettabili quando avverranno anche nella realtà, è nessuno oserà alzare la voce come avvenuto cinque anni fa con il covid 1984, anche per la paura di finire allo stesso modo.
Poi il messaggio finale è che chi fa la cosa giusta è solamente il nero, cosa che King - certo non uno tacciabile di reazionarietà o "suprematismo" filo ariano-non aveva mai scritto, e che fino a trenta anni fa o allora che il romanzo venne scritto-1967- come Ben ne "La Notte dei morti viventi" era sempre quello che alla fine soccombeva a favore o a causa del bianco, adesso è forzatamente l'esatto contrario. I bianchi alla fine cedono e il giusto ed incensato nero riscatta tutti e si erge ad eroe buono. Ma facciamo vincere un indiano(che muore qui e unico, assaltando e sottraendo un'AK-47 ai I militari cecchini, nel pre-finale) un giorno o l'altro o un eschimese, un po' di par condicio....
Come spesso accade nell'infinito scontro letteratura-audiovisivo, si risolve con la vittoria della prima. Qui almeno a differenza di "Squid Game" però c'è il cameratismo, spesso un pò forzoso e non molto credibile data la situazione estrema, ma che era già abbastanza nel libro e riprodotto piuttosto fedelmente, il quale in "Squid Game" non c'è affatto, ben seguendo una consueta "disumanità" tutta coreana, dove è anzi incitata la guerra di tutti contro tutti e il tradimento. Non erano mai riusciti a trarre questo libro anche per la staticità della situazione seppure sempre in movimento per 300 miglia, e le difficoltà di ripresa. Chissà cosa avrebbe comunque potuto fare rispetto a un carneade come Francis Lawrence, George A. Romero, che pure parve doverlo dirigere, nel lontanissimo 1988. O persino l'infinitamente inferiore Frank Darabont, che comunque con alcune riduzioni cinematografiche kinghiane ha dimostrato di saperci abbastanza fare, e a cui avevano avvicinato il progetto di un film negli anni successivi.
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