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Illusione

Regia di Francesca Archibugi vedi scheda film

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La recensione su Illusione

di pazuzu
6 stelle

Illusione si muove tra Perugia e mezza Europa parlando di tratta delle donne e di violenza di genere, ma è soprattutto un dramma sufficientemente strutturato che ruota attorno a personaggi credibili.

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Quando il vicequestore Pizzirò viene chiamato a raggiungere una pattuglia nei pressi di un fosso alla periferia di Perugia per il ritrovamento del corpo di una ragazza, è lui ad accorgersi, da un movimento, che in quel corpo c'è ancora anima. Ciò che a lui sfugge, ma che nota subito la PM Cristina, giunta anche lei sul posto, è la qualità della merce che ha indosso, trattandosi di un abito di alta moda dal valore di migliaia di euro.
Figlia di madre rumena e padre moldavo, la ragazza si chiama Rosa Lazar ed ha solo quindici anni. Affidata ad una struttura protetta comunale diretta da Suor Lucia, riceve qui subito la visita della stessa PM e dello psicologo dei servizi sociali Stefano: mentre la prima, con il suo fare aggressivo e inquisitorio, porta la ragazza a chiudersi, il secondo sembra avere la sensibilità e gli strumenti per farla aprire e parlare. In due ruoli diversi ma dai contorni ben definiti, i due professionisti iniziano a lavorare di concerto per dare una definizione al caso, e per inquadrare in maniera chiara la personalità della giovane.

 

 

Di tanto in tanto, in trafiletti sui quotidiani locali, escono notizie di cronaca singolari, inquietanti o curiose che lì restano per poi finire dimenticate: una di queste, anni fa, fu il ritrovamento in umbria di una ragazza che si pensava morta e invece si scopri essere viva. Nasce così l'idea per il soggetto di Illusione, che Francesca Archibugi dirige dopo aver sceneggiato con Francesco Piccolo e Laura Paolucci.
Lontano dal voler essere definito un film a tema, Illusione si muove tra Perugia e mezza Europa parlando di tratta delle donne e di violenza di genere, ma è soprattutto un dramma sufficientemente strutturato che ruota attorno a personaggi credibili, nel quale la parte del leone la fa il rapporto tra la giovanissima (l'espressiva Angelina Andrei) e lo psicologo (un convincente Michele Riondino), lei soggetto ingenuo dal quadro psichico complesso fatto di rimozioni e deliri, lui persona a sua volta fragile e per questo recettiva e capace di connettersi sulle stesse frequenze disturbate.

 

 

L'ambiguità attraverso cui questa interconnessione tra un uomo maturo e una minorenne di bell'aspetto viene interpretata da chi gli sta intorno, fa buona parte del resto del film, lo costruisce poco a poco, per mezzo di un lavoro accorto e puntiglioso anche sui personaggi secondari, su tutti quello della moglie di lui, psicologa anch'essa, interpretata da una Vittoria Puccini dal piglio deciso. Ma se la mancanza di un reale approfondimento sulle tematiche politico / criminali può essere di per sé un carattere più che un difetto, tale carenza cozza con un finale frettoloso e superficiale, che non si accontenta più dell'attenzione al particolare del rapporto umano tra i protagonisti, ma pretende di rendere plausibile la chiusura in quattro e quattr'otto di un caso politico internazionale che avrebbe avuto più senso - a quel punto - lasciare aperto o tenere ai margini fino ai titoli di coda.

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