Regia di Jafar Panahi vedi scheda film
La vendetta non è mai la soluzione giusta. Mai come in questi tempi di guerre ed atrocità dovremmo riuscire a comprenderlo. Ad insegnarcelo è il regista più perseguitato degli ultimi decenni, nonché uno dei più acuti, brillanti narratori del cinema odierno, fautore di un prodotto di impegno civile e politico girato clandestinamente, di nascosto.
Un semplice incidente (2025): locandina
CINEMA OLTRECONFINE / FESTIVAL DI CANNES 78 - CONCORSO: PALMA D'ORO 2025
I beffardi casi della vita rendono possibili, talvolta, certi approcci bizzarri che consentono, o più verosimilmente consentirebbero, alle vittime di ingiustizie e violenze inenarrabili, di riscattare le umiliazioni ricevute, ed i patimenti subiti per opera di efferati carnefici rimasti a piede libero.
Un semplice incidente, quello a cui si riferisce il titolo del film, e che vede coinvolta una apparentemente tranquilla famiglia quando la loro auto investe accidentalmente un cane randagio in un tratto di strada isolato, verso l'imbrunire, e rimane poco dopo in panne, farà sì che uno degli addetti ad una officina di riparazione che si occupa del loro problema, finisca per riconoscere, nel passo strascicato del capofamiglia presente nell'auto, reso tale da una protesi alla gamba, addirittura il carnefice dei servizi segreti che lo torturò anni prima, assieme ad altri disgraziati finiti in prigione assieme a lui come dissidenti del regime.
A quel punto, su consiglio di un anziano libraio, l'uomo - di nome Vahid, non riuscendo a vendicarsi come vorrebbe, anche perché in cuor suo vorrebbe esser certo, prima di rendersi artefiche di un omicidio, della corretta identità del suo presunto aguzzino, che nega ogni suo coinvolgimento in tal senso, e giace intontito ed imbavagliato sul suo van - raggiunge una dinamica fotografa intenta a terminare un servizio fotografico per due futuri sposi, per decidere il da farsi.
Un semplice incidente (2025): Vahid Mobasseri
Un semplice incidente (2025): Mariam Afshari, Mohamad Ali Elyasmehr, Majid Panahi, Hadis Pakbaten, Vahid Mobasseri
Risulterà che non solo lei fu vittima come Vahid di torture, ma anche i due futuri sposi.
Ma nessuno dei quattro è completamente certo che si tratti proprio del loro efferato torturatore. Anche se molti indizi lo vedrebbero come indiziato quasi certo.
Riuscirà davvero quel manipolo di anime coerentemente inquiete, ma sostanzialmente buone e non violente, ragionevoli, poco votate alla vendetta, a porre in essere una risoluzione coerente con le atroci sofferenze subite?
Un deserto scenografico che pare uno scorcio stilizzato ma di sicuro effetto della rappresentazione teatrale di Aspettando Godot (anche citato nel film), diventerà il teatro di una tanto agognata e premeditata vendetta?
Una serie di incredibili ulteriori vicissitudini, alcune anche piuttosto comiche, contribuirà a far tornare la ragione al gruppo di torturati, e a farli desistere dal loro spietato, ma comprensibile proposito.
Jafar Panahi è un regista meraviglioso. Non serve questo magnifico It was just an accident per scoprirlo, ma al massimo ciò costituisce una coerente conferma delle sue illuminate qualità di realizzatore e narratore raffinato, sensibile, sfaccettato.
Caratteristiche da tempo peraltro messe alla prova, ma nemmeno per un poco scalfite, anzi forse acuite da un costretto esilio forzato seguito a mesi di incarcerazione come dissidente da parte di un regime totalitario come quello in essere in Iran ai nostri giorni. Panahi conferma una volta in più con questo gioiello la splendida creatività narrativa che caratterizza le sue opere, e anche la capacità di raccontare storie con retrofondi atroci, alternando la drammaticità del racconto di torture indicibili subite, a situazioni che lasciano spazio a momenti divertenti che non stonano né mancano mai di rispetto alle tematiche al centro del racconto principale.
Un semplice incidente (2025): Majid Panahi, Hadis Pakbaten, Mariam Afshari
Un semplice incidente (2025): Majid Panahi, Mohamad Ali Elyasmehr, Vahid Mobasseri, Mariam Afshari
Fino ad un finale teso degno di un thriller, a conferma di come troppo spesso l'animo umano, fino a poco prima riscattato da una nobile decisione, torni a relegare la specie umana al di sotto di ogni altra specie vivente quanto a brutalità ed efferatezza di comportamenti.
La Palma d'oro al Festival di Cannes è stato un premio opportuno e necessario, doveroso non solo a coronamento di una carriera da regista clandestino pieno di talento e carisma, ma anche per le estrinseche, evidenti qualità di un film potente, capace di dire la sua in modo esemplare, definitivo, sulla variegata contradditorietà dell'agire umano di fronte ai contrasti che vedono l'individuo troppo spesso impegnato in guerre fratricide, attraverso cui egli riesce sempre ad esprimere il peggio di se stesso, ovvero la parte più vergognosa del suo essere essere umano.
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